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Cielle Berlusconi e i fichi secchi

29/08/2002

Dietro gli slogan immaginifici, il Meeting di Comunicazione e liberazione a Rimini è sempre un buon angolo di osservazione per misurare l’atteggiamento di una parte del mondo cattolico rispetto alla politica. Quest’anno il tema enunciato è suggestivo, "Il sentimento delle cose, la contemplazione della bellezza", anche se piuttosto ermetico. Ma bisogna sempre ricordare che Cl rappresenta una piccola porzione della realtà cattolica, caratterizzata da una concezione fortemente militante, capace di guadagnare visibilità grazie alla risorse di mobilitazione dei suoi ranghi e alla capacità di interpellare il ceto politico. Inoltre, la leadership di Cl è sempre stata generalmente governativa, fin dai tempi in cui Giulio Andreotti era riconosciuto come il leader carismatico del popolo ciellino, e fatte salve le antipatie verso il "tecnocrate" Ciriaco De Mita nonché la sospettosità verso Romano Prodi. Quindi non stupisce affatto che ancora di questi tempi il presidente della Compagnia delle Opere, Giorgio Vittadini, abbia presentato il Meeting ribadendo un’opinione di fondo amichevole verso la Casa delle Libertà: «Noi rimaniamo favorevoli al governo Berlusconi» ("Corriere della Sera", 14 agosto). Ogni volta ci si chiede come sia possibile che un cattolicesimo giovane, motivato da una fede integrale, possa venire a patti con il portatore storico di un progetto "a-cristiano" come Silvio Berlusconi. Le spiegazioni offerte dai dirigenti di Cl per argomentare le loro scelte politiche, apparentemente bizzarre, sono generalmente di due tipi: in primo luogo, il centrodestra e Berlusconi in particolare rappresentano più a fondo la società italiana nelle sue caratteristiche peculiari e sono esenti da astrattezze "azioniste"; secondariamente, una scelta favorevole alla sinistra non è possibile in quanto essa, tolti alcuni rappresentanti particolarmente stimati come il diessino Pierluigi Bersani, con la sua vocazione dirigista e regolatrice costituisce l’esatta negazione del progetto di Cl. Tuttavia il sostegno alla Casa delle libertà non è incondizionato. La dirigenza di Cl si preoccupa infatti di tenere aperto un canale di dialogo con il centrosinistra: poco più che una porta socchiusa, ma comunque il segno che l’adesione al berlusconismo non è "perinde ac cadaver". Lo stesso Vittadini auspica soluzioni istituzionali bipartisan, si appella ai riformisti dell’una e dell’altra parte, cita Blair, le riforme della scuola, del mercato del lavoro e del federalismo, che vanno fatte «secondo un’idea liberaldemocratica che c’è in un certo pensiero di Berlusconi ma francamente anche tra alcuni Ds». Si potrebbe tradurre tutto questo in una formula rozza ma esplicativa: in sostanza, i ciellini sono "naturaliter" di destra ma non rinunciano ad avere qualche amico a sinistra e a tenere decenti rapporti con Prodi. Eppure sarebbe una forzatura. Infatti la fiducia accordata a Berlusconi non sembra voluta da Dio. Per dire, il legame tra Cl e la Dc di Andreotti era indissolubile, e c’è voluta la morte democristiana per spezzarlo. Per la base ciellina Andreotti era l’erede di De Gasperi. I flirt con i socialisti erano strumenti tattici per influire sugli equilibri interni del penta o quadripartito, per appoggiare questa o quella corrente dc, per punzecchiare gli avversari, per premiare gli amici, per colpire Martinazzoli e per appoggiare Buttiglione. Questo gioco tattico non funziona altrettanto bene con la Casa delle libertà. I centristi postdemocristiani sono troppo esili numericamente, per il momento, e gli altri partiti su cui si regge l’alleanza (Forza Italia, Lega e An) sono soggetti politici completamente estranei alle logiche della Prima Repubblica, che permettevano di capitalizzare i vincoli di collateralismo. In più si tratta di partiti sradicati dall’humus cattolico di base. Il cattolicesimo della Cdl infatti riguarda i rapporti con la gerarchia ben più che i movimenti e l’associazionismo. Sfrondato il discorso della retorica, sembrerebbe di poter dire che il rapporto fra il movimento fondato da don Giussani e il centrodestra è ancora di tipo contrattuale. I ciellini sanno di poter ottenere qualcosa da questo governo. E questo governo sa che concedendo qualcosa, sulla scuola come sull’economia reale, potrà vantare un legame preferenziale con questa parte di cattolicesimo italiano. Tuttavia, malgrado la foltissima presenza del centrodestra a Rimini e l’apoteosi prevista con l’ intervento di Berlusconi, occorrerà tenere presente i termini reali di questo contratto. Cioè il "do ut des" implicito. Perchè il governo amico, sanpatrignanista, liberaloide, potrebbe anche rivelarsi un governo catastroficamente avaro, impossibilitato a dare, costretto a tirare i cordoni della borsa. E allora che se ne farebbe Cl di un governo senza disponibilità di cassa? Alla fine potrebbe darsi che non solo le riforme, ma nemmeno i buoni affari si possano fare, e i buoni rapporti si possano tenere "con i fichi secchi".

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