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Cosa nasconde il crocifisso

03/10/2002

Una delle tecniche più sperimentate del governo Berlusconi consiste nel sollevare polveroni allorché si prospettano problemi. Il ministro dell’Istruzione, Letizia Moratti, ha capito benissimo lo schema, e non appena si è resa conto che le sue proposte di riforma della scuola si erano ridotte al piccolissimo cabotaggio, si è appropriata del disegno di legge leghista sulla presenza del crocifisso nei luoghi pubblici e ha lanciato l’offensiva pseudoculturale. Con qualche risultato: grandi e approfonditi dibattiti, discussioni sulla pericolante laicità dello Stato, approfondimenti sulle radici cristiane dell’Italia delle veline, studiati faccia a faccia sull’immagine della croce come simbolo dell’identità nazionale ovvero come emblema non strumentalizzabile di valori universali. Così, per qualche giorno, e proprio in coincidenza con l’avvio dell’anno scolastico, il dibattito apparente ha coperto la nuda realtà delle cose. Vale a dire che la discussione ampiamente pretestuosa sul rapporto fra le culture all’interno di una società multietnica, e il perché non possiamo non dirci cristiani, ha tolto dal tavolo la discussione sul funzionamento del ministero e distolto l’opinione pubblica dall’azione effettiva del ministro. Cioè ha liquidato un’analisi che non riguarda soltanto l’impostazione catto-aziendalista del presunto riformismo morattiano, e neanche solo il suo intento paternalista, e le idee vecchio stampo tese a una suddivisione classista delle coorti scolastiche. Ma che invece concerne proprio le modalità empiriche dell’azione ministeriale. L’anno scorso, il neoministro Moratti aveva messo in cassa un trionfale successo d’immagine, impegnandosi a fare ripartire l’anno scolastico senza il consueto supplizio di orari provvisori e di viavai del corpo insegnante. Ma quest’anno non è più in gioco l’organizzazione del calendario e la programmazione delle routine settimanali. Adesso siamo al dunque, e la scuola firmata Moratti appare sempre più esplicitamente come l’oggetto di un bricolage affannato. La cosiddetta "sperimentazione" della riforma è un espediente minore per mascherare una battuta d’arresto sostanziale. Il ritorno all’insegnante "prevalente" nelle elementari è un antico cavallo di battaglia conservatore, che anziché guardare pragmaticamente alle esperienze in tutta Europa e ai risultati ottenuti nelle scuole, vede solo la bellezza nostalgica del ritorno al passato. Vale per la Moratti ciò che vale per Tremonti. Così come il ministro dell’Economia si è illuso (e ha illuso milioni di cittadini) di governare la dinamica italiana con escamotage da fiscalista, il ministro dell’Istruzione crede di poter annunciare la realizzazione di una riforma attraverso iniziative a stralcio. Sopra ci mette l’etichetta fino a ieri "vincente" della managerialità. Se non funziona, ecco la fumisteria sulla croce: un modo come un altro per trasformare le soluzioni mancate in un contraccolpo ideologico di ritorno. Quanto alla scuola, sarà per la prossima trovata.

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