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Divina audience

20/12/2007

Allora: Adriano Celentano piace comunque, anche con un programma irrisolto, e Roberto Benigni piace a tutti gli ammiratori della Divina Commedia, che sono tanti e fanno audience. Ma il problema filosofico e dantesco è il seguente: la Rai si salva con i programmi evento, quelli che fanno decollare lo share per una serata, sono circondati da un’onda di mediaticità, scatenano discussioni vere e finte? Oppure la strada è un’altra? Si tratta di intendersi, naturalmente. L’evento ci sta sempre bene, nel palinsesto, a meno che non sia una cattedrale nel deserto. Perché ci sono molti modi di intendere la televisione, ma vale per la tv quello che vale per la società: non c’è progresso se sono soltanto in pochi a eccellere. Poche università di punta non salvano il sistema della formazione universitaria; pochi vertici nella ricerca non testimoniano della qualità di un paese nel settore scientifico. O almeno, l’eccellenza sporadica non serve a riscattare la mediocrità quotidiana. Idem per la televisione. Una melassa di programmi bufala non è riscattata dal successo di qualche raro show eccentrico. Il Benigni dantesco piacerà anche ai teologi del Vaticano, e Celentano susciterà grandi aspettative (siamo persino riusciti a credere, e non ci sono parole, che si sarebbe assentato spesso in trasmissione per ragioni prostatiche), ma la qualità televisiva si fa con le medie, non con le punte. E la media della Rai va all’ingiù. Siccome non sembra esserci rimedio, vale la pena di insistere: via il canone, privatizzare, smetterla di parlare di servizio pubblico. Anche perché sta tornando la proporzionale, e se tanto ci dà tanto, un’altra spudorata lottizzazione è alle porte.

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