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Dove vanno i centristi del Polo

21/03/2002

A che cosa servono i centri-sti nella Casa delle Libertà? Quando Francesco Rutelli li ha chiamati al dialogo con la Margherita, il presidente del Ccd, Marco Follini, ha ribattuto con secca tempestività all’Ulivo di non farsi illusioni inutili o fuorvianti: l’Unione di centro è un socio fondatore del centrodestra, e non sono immaginabili sconfinamenti o ribaltini. L’epoca delle acrobazie di Rocco Buttiglione sul crinale fra destra e sinistra è un lontano ricordo. Quella di Follini era una risposta d’ufficio, resa praticamente obbligata dalla rigidità dell’articolazione bipolare: ciò nondimeno è evidente che gli eredi della Dc confluiti a destra rappresentano una peculiarità politica non completamente riconducibile alle logiche della Casa delle libertà. Lo si è osservato in diversi episodi, a partire dal lavorìo e dalle manovre del presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, sul fronte delle nomine Rai; inoltre l’incompatibilità cristiano-democratica con le visioni del Bossi-pensiero si è fatta scoppiettante durante il congresso della Lega. Il fatto è che i centristi del Polo rappresentano una virtuale antitesi dell’antipolitica populista incarnata da Berlusconi. La loro ispirazione europeista li colloca a distanze siderali dal Bossi di Forcolandia. E il loro statuto di moderazione sociale costituisce un antidoto naturale rispetto alle velleità liberiste di Forza Italia. È vero anche che, con poco più del tre per cento alle elezioni del 13 maggio 2001, Ccd e Cdu non possono illudersi di praticare una grande concorrenza elettorale al Cavaliere: il loro luogo d’intervento non è la società italiana, bensì l’arena istituzionale. E allora, qual è e quale sarà il loro ruolo nel centrodestra? Una foglia di fico di cattolicesimo politico sul pragmatismo laicizzato del partito del Padrone? Una traccia di dottrina sociale della Chiesa a temperare la spregiudicatezza modernista degli animal spirits di destra? Oppure solo una fronda che si fa sentire soprattutto quando viene il momento delle nomine e il ritaglio del sottogoverno? L’abitudine ai tempi lunghi, alla pazienza della politica, rende comunque Casini e i suoi amici piuttosto interessanti politicamente sotto questi chiari di luna. Secondo Franco Cordero hanno "vista lunga" e abitudine al maneggio del potere, e sanno che Berlusconi è un politico troppo peculiare per plasmare un partito capace di durare senza di lui: poiché non possono ragionevolmente pretendere di tornare a essere egemoni nell’opinione pubblica, possono invece tentare di divenire i suoi eredi, e di prenotare il suo partito. Nel frattempo, devono conservare una dignità politica e una riconoscibilità pubblica: cioè devono farsi vedere, seppure con juicio. L’impresa, dentro il sistema maggioritario, sfiora il funambolismo. Ciò malgrado, i centristi sono forse il solo elemento su cui l’opposizione può cercare di fare leva, in un Parlamento bloccato dai grandi numeri del centrodestra. Vanno curati, marcati stretti, interpellati di continuo, sollecitati a esprimere la loro anima moderata ed "europea". In modo che si capisca se sono solo il maquillage della Casa delle libertà, oppure l’ipotesi di una destra non patrimoniale e non folklorica: insomma un embrione di partito popolar-conservatore capace in prospettiva di assolvere il centrodestra dai suoi peccati originali.

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