Ormai gli esperti sanno tutto del dottor Gregory House, ovvero "Dr House", infettivologo dell’ospedale universitario Princeton-Plainsboro Teaching Hospital (traggo questo informazioni da Wikipedia, perché quando mi capita di guardare questo telefilm entro in una specie di trance, con tutti i muscoli tesi, i glutei stretti, mesmerizzato dalla tensione della trama e dal ritmo del racconto, e non faccio caso ai dettagli). Quindi, se tutti sanno tutto, tanto vale saltare i preamboli: non credo che il successo di "Dr House, Medical Division" dipenda dalle battute del tremendo medico col bastone, dalla sua misantropia, «sono diventato medico per curare le malattie, non i malati», o dal suo apparente cinismo, tipo «preferisce un medico che le tiene la mano mentre muore o uno che la ignori mentre migliora?». Questo è il sale e il pepe della pietanza. Sapete come fanno gli americani: la bella faccia di un attore, Hugh Laurie, che potrebbe assomigliare a Tom Waits, una sceneggiatura come si deve, caratterizzazione, battute, drammi, problemi, dilemmi e soluzioni. Ma il segreto di "Dr House" dev’essere che è rassicurante. Magari la mamma muore di cancro al polmone, ma il prematuro è salvo e il papà piange intravedendo nel futuro l’ombra di un sorriso. C’è una logica, una catarsi. E c’è anche qualcos’altro: di solito la trama della puntata è che tutti pensano che il tale o la tale paziente abbiano una malattia spaventosa, che curano con quantità abominevoli di farmaci, di solito peggiorando la situazione, mentre House si apparta a fare dei suoi vudù, trangugiando pillole perché la gamba gli fa male, e appena può tratta i collaboratori come poveri imbecilli. E dato che il paziente continua ostinatamente a voler crepare, House ha la sua bella intuizione, che annulla tutte le diagnosi precedenti e, nell’incredulità generale, salva il malato. Il quale, cambiata la terapia, recupera immediatamente le forze, si alza dal letto e ringrazia il cinico House. Il quale sogghigna e ne dice una delle sue. Alla fine insomma la quadratura si trova, anche se designata da cause improbabili (come una zecca nella vagina, o un’intossicazione da termiti); ha successo una razionalità indiscutibile, anche se impersonata dal cinicone. Sicché ogni volta la conclusione della storia strappa gli applausi, e si va a letto sperando che anche nella sanità italiana ci sia qualche House, all’occorrenza.
30/11/2006