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E Rutelli prepara una volata alla Prodi

26/04/2001

Una delle speranze sottaciute di Francesco Rutelli è data dagli irregolari. Quanti voti potranno sottrarre alla Casa delle libertà i radicali di Emma Bonino e Marco Pannella? Non molti. Ma se si aggiungono al conto i consensi giustizialisti di Di Pietro, il richiamo di Giulio Andreotti alle riserve democristiane, l’effetto delle scomuniche di Indro Montanelli… E mettiamoci pure la presenza delle liste di Pino Rauti, che determina conseguenze a doppia faccia: dove i rautiani sono alternativi al centro-destra, possono fare male nei collegi in bilico; mentre nel caso di desistenze, come in Sicilia, fanno scattare riflessi antifascisti. Anche se Silvio Berlusconi ha minimizzato l’accordo con Rauti, invocando «ragioni di concretezza regionale» (un seggio val bene una Fiamma), è stata immediata la reazione di un esponente di un’élite "sensibile", il presidente delle Comunità ebraiche Amos Luzzatto, secondo il quale dietro espedienti simili «si dà ufficialmente spazio agli epigoni del regime fascista». Considerazioni di questo tenore hanno il difetto di essere fondate sui possibili e non sempre comprovati elementi di debolezza del fronte avverso. Ma l’inseguimento di Rutelli ha ancora una possibilità o si tratta di un match per onor di firma? Vero è che l’euforico patron di Datamedia, l’analista-fan Luigi Crespi, sostiene che solo gli errori dei votanti rannuvolano i cieli della Casa delle libertà (in base a una sua simulazione, 40 elettori su 100 continuerebbero a sbagliare le modalità di voto). Ed è vero pure che Berlusconi ha dichiarato alla "Welt am Sonntag" che la sconfitta del 1996 fu dovuta a «Un milione 171 mila schede distrutte» grazie alla lunga tradizione della sinistra in fatto di brogli. In realtà il compito più faticoso, per tutto l’Ulivo, consiste nel ribattere alle promesse e alle accuse del centro-destra: promesse di vistosi tagli fiscali, di spesa pubblica generosa con le grandi opere, di crescita del Pil almeno al 4 per cento (secondo l’economista Antonio Marzano); le accuse riguardano invece il "malgoverno" e i cinque anni di vessazione che avrebbero drammaticamente impoverito il Paese. L’improvvisazione della candidatura di Rutelli ha messo sullo sfondo il suo programma di governo. Il centro-sinistra deve compiere l’impresa sfibrante di recuperare in extremis gli elettori all’idea che l’ultima legislatura, malgrado i giudizi sprezzanti del centro-destra, è stata virtuosa (approdo all’euro, crescita al 2,9 per cento nel 2000, controllo dell’inflazione, deficit all’1,5 per cento, debito in netto calo percentuale sul Pil, un milione e 253 mila posti di lavoro creati dall’aprile ’96). Nello stesso tempo Rutelli deve provare a far capire che la moderazione programmatica del centro-sinistra, rispetto alla pirotecnia berlusconiana, si iscrive proprio nella linea di razionalità che ha presieduto al risanamento e al rilancio degli ultimi cinque anni. È la battaglia fra le scabre cifre di Giuliano Amato, di Vincenzo Visco, di Paolo Onofri (il cui ultimo saggio, "Un’economia sbloccata", appena pubblicato dal Mulino, dovrebbe essere un vademecum per la classe dirigente italiana) e le immagini di "Una storia italiana", il libro del sogno berlusconiano. Battaglia impari, psicologica ancor più che ideologica: ma non si dovrebbe dimenticare che in condizioni altrettanto difficili Prodi rovesciò il pronostico, e centrò l’inseguimento: quasi sul traguardo.

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