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Entra in pista la safety reform

07/10/2005

Dicono gli esperti che nel circuito automobilistico americano, nelle prove tipo Indianapolis, è malvista la possibilità che una monoposto vada in testa e ci rimanga per tutta la corsa fino alla bandiera a scacchi. Al gusto americano per la competizione non va giù che il divertimento finisca già nei primi giri, che non si vedano sorpassi, colpi di scena, alternanza al comando. E allora, quando si profila una situazione di egemonia, al minimo appiglio (una goccia di pioggia, un piccolo incidente, una modesta perdita d’olio sull’asfalto) si manda in pista la "safety car": la velocità viene ridotta, le vetture si raggruppano, in pratica la gara ricomincia da capo. A giudicare da quanto sta succedendo nella nostra politica, sembra che la Casa delle libertà abbia capito la lezione, e si appresti a varare una specie di "safety reform": questo è, non altro è, la legge elettorale proporzionale, su cui il centrodestra ha deciso di impegnare le sue forze parlamentari. Spaventato dalla possibilità di una sconfitta pesante, cioè di un giudizio negativo degli elettori sulla sua prova al governo, Silvio Berlusconi ha deciso di mischiare le carte. Ciò che colpisce tuttavia non è la spregiudicatezza di un leader politico e di un’alleanza letteralmente pronti a tutto pur di evitare o almeno ridurre una sconfitta elettorale. Ci sono innanzitutto due aspetti da mettere in rilievo, che rendono l’iniziativa di riforma elettorale una rottura grave delle convenzioni politiche che reggono una democrazia non indecente. Il primo aspetto è che il sistema proporzionale è stato liquidato dodici anni fa, in seguito a due referendum popolari, in cui l’opinione pubblica si pronunciò massicciamente per un rovesciamento del metodo elettorale su cui era fondata la "Repubblica dei partiti". Il secondo dovrebbe essere un’ovvietà: le leggi che regolano il sistema politico e la formazione del consenso si possono cambiare, ma solo se esiste un ampio accordo tra le forze politiche. Ora, è vero che ci stiamo abituando a tutto, ma è o non è sorprendente che la maggioranza di governo cerchi di modificare la struttura stessa della competizione politica attraverso un’iniziativa di parte? La verità è che la società italiana è mitridatizzata: anche una profonda riforma costituzionale, incardinata sulla devolution, verrà approvata in modo partigiano, con il solo voto delle forze di centrodestra. Nessuno stupore quindi, nonostante le proteste di Marco Follini, che si proceda in modo analogo sulla legge elettorale. Sul "Corriere della Sera" del 3 ottobre, un commentatore equilibrato come Massimo Franco ha scritto che il centrosinistra ha capito che «il vero obiettivo del ritorno al proporzionale non è la rivincita della Cdl. Semmai il tentativo di azzoppare una vittoria dell’Ulivo, esponendo un futuro governo Prodi al ricatto dei partitini». Il che significa che lo scopo principale del centrodestra, oggi come oggi, consiste nell’avvelenare i pozzi: «impedire che il centrosinistra riesca a governare». È piuttosto mortificante che una manovra simile provenga da chi non troppe stagioni fa ha sostenuto la «religione del maggioritario»; e risultano rivelatrici le ragioni che vengono invocate a favore del ritorno alla formula proporzionale. Non ce n’è una che si riferisca all’interesse del paese; si citano soltanto ragioni che riguardano il funzionamento di coalizioni e partiti. Autoreferenzialità pura. Fra gli effetti secondari di un eventuale ritorno al proporzionale, oltretutto con un sistema di liste bloccate (tutto il potere alle centrali di partito), ci sarebbe anche la conseguenza bizzarra che il candidato dell’Unione, Romano Prodi, non avrebbe un partito con cui candidarsi. Siamo evidentemente nelle ipotesi sulle ipotesi. Ma tutto questo rimescolamento possibile, ed esecrabile, non dovrebbe far dimenticare che alcuni colpi al sistema maggioritario, e alla logica sottostante, sono stati inferti anche da chi non ha voluto la presenza della lista unitaria dell’Ulivo nella quota proporzionale. Ragion per cui non è detto che le proteste del centrosinistra risultino tutte convincenti: ed è anche per questo che l’eventualità di un colpo di mano sulla legge elettorale lascia l’opinione pubblica sostanzialmente indifferente. In questa condizione di inerzia, di derive possibili, conviene prepararsi bene a tutte le possibilità: compreso il trucco della "safety reform".

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