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Fra regime e utopia

16/08/2001

Finora aveva vinto l’ammiccamento dei "cattolici irregolari" (secondo la definizione di Arturo Parisi): votate per noi, per la destra, per la Casa delle libertà, per «mandare la società al governo». Senza fisime, per chiuderla finalmente con lo spazio dell’over-regulation di sinistra. Il cattolico irregolare Berlusconi era insieme il simbolo e il contrattista dello scambio fra il realismo politico della gerarchia cattolica e la laicità materialona di Forza Italia. Due mondi che potevano parlarsi senza mediatori. Un’alleanza fruttuosa per tutti, almeno in apparenza, perché Berlusconi poteva ottenere dall’alto la riduzione sostanziale del proprio tasso di irregolarità cattolica, insieme alle credenziali diplomatiche, la benedizione del papa e l’accreditamento politico del cardinal Sodano. Mentre la Chiesa, da Camillo Ruini in giù, poteva pensare di lucrare vantaggi significativi sui suoi temi, dalla scuola privata alla famiglia e alla bioetica. L’inaugurazione di questo clima pattizio sembrava avvenire sotto i migliori auspici. Tra il governo e la gerarchia c’era il sigillo di Comunione e liberazione, invisibile e revocabile, ma favorevole al centro-destra nel nome dello storico pragmatismo ciellino, e grazie alla controfirma di figure come Roberto Formigoni. L’atmosfera si è raffreddata, neanche a dirlo, con il G8. Perché a Genova è balzata sulle prime pagine una presenza cattolica non riducibile ai meccanismi del potere e al suo sottobosco. Inoltre, la gestione catastrofica dell’ordine pubblico, con i papa-boys coinvolti dal pressappochismo manganellatorio della polizia, ha messo in luce che il collateralismo cattolico rispetto a Berlusconi non è propriamente una testimonianza mobilitante, e neanche, una missione così eroica da risultare suggestiva, se non eventualmente per monsignor Alessandro Maggiolini e Gianni Baget Bozzo. È probabile che dopo Genova si sia aperto un conflitto fra cattolicesimo di regime e cattolicesimo con tracce di utopia. Su questo punto, con un attrito virtualmente drammatico, potrebbe venire fuori che l’egemonia cattolica non abita necessariamente ad Arcore. Anche il meeting di Cl a Rimini, atteso come il rito euforico dell’omologazione con la destra, potrebbe invece esprimere tensioni impreviste. Già: non piace a molti essere il portavoce di un cristianesimo di polizia; ma soprattutto non fa piacere né ai ciellini né ai cattolici impegnati passare dalla condizione di avanguardia allo status di minoranza, dato che le minoranze si possono picchiare, se disturbano, o inglobare, se si prestano. In entrambi i casi, si tratta di una fine troppo ingloriosa per non provocare ribellioni.

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