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Franz Joseph Formigoni

19/04/2001

Poiché la devolution non è un pranzo di gala, Roberto Formigoni ha messo su la faccia feroce. Con il risultato di piazzarsi in prima fila: il federalismo plebiscitario è una buona carta da giocare polemicamente contro il centrosinistra, ma soprattutto permette al governatore lombardo di salire sul proscenio della politica italiana e di darsi le stimmate del leader nazionale. Sarà bene seguirle, le mosse di Formigoni, perché la sua figura illumina la possibile evoluzione della Casa delle libertà. Sembrerà fuori tempo ipotizzare successioni al Berlusconi dilagante di questi giorni. Eppure, proprio perché il Cavaliere è l’unico vero cemento del centrodestra, non è mai troppo presto per rafforzare una carriera e per accentuare un profilo che in prospettiva siano adatti a nuovi scenari di leadership. Anche perché di delfini il capo di Forza Italia non ne ha. Ovvero, ci sarebbe Gianfranco Fini: ma il capo di An è il pilota di destra della coalizione, ed è problematico pensare che in futuro possa assumerne in proprio la guida centrale. Invece Formigoni riassume perfettamente gli spiriti del centrodestra: democristiano ma di struttura culturale ciellina, quindi capace di radicalismo; cultore della "politica del fare" con quella operatività spiccia che piace ai berlusconiani; pronto a cavalcare la tigre federalista fino a rendere pleonastici Bossi e la Lega. E così combattivo verso la sinistra da rivaleggiare opportunamente con Fini e Storace. Se gli va stretta, il governatore di Lombardia assomiglierà a Franz Joseph Strauss, il toro bavarese della Csu: mano di ferro sul Land lombardo, proiezioni in politica estera, possibili ruoli ministeriali. Ma se e quando la scena si allargherà, non è il caso di mettere limiti alla Provvidenza. Nella Cdl Formigoni non è un inquilino. Con la devolution diviene un condomino. E con l’aiuto del cielo, un leader possibile.

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