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Gentiloni? No, grazie

03/05/2007

I liberali veri non guardano in faccia nessuno. E Franco Debenedetti, ex senatore diessino, ma soprattutto spirito libero di quella sinistra che ha fiducia nel mercato, non ha l’abitudine di mandarle a dire. Il suo ultimo libro, "Quarantacinque per cento. Una critica liberale al progetto Gentiloni sulla tv" (editore Rubbettino), è un attacco totale a una delle leggi totem dell’Unione, vale a dire il ddl presentato dal ministro delle Comunicazioni del governo Prodi il 16 ottobre 2006, intitolato: "Disposizioni per la disciplina del settore televisivo nella fase di transizione alla tecnologia digitale". Un progetto di riordino del sistema televisivo che viene dopo la legge Gasparri, quella che aveva inventato il Sic, cioè il "Sistema integrato delle comunicazioni", per stemperare in un insieme indefinibile la posizione dominante di Mediaset; e che si propone come un importante strumento di modernizzazione dell’offerta televisiva nel nostro Paese. Fin dalla sua presentazione, il ddl Gentiloni ha raccolto diverse obiezioni, non solo da destra. Alessandro Penati ha scritto che si tratta di una riforma che «guarda nello specchietto retrovisore». Secondo Debenedetti, il cuore malato del progetto legislativo del centrosinistra è proprio nel tetto che si vuole imporre alla raccolta pubblicitaria da parte di ogni soggetto televisivo. Una misura illiberale e contraria alla logica del mercato, per un verso; e per l’altro la dimostrazione fattuale che il centrosinistra non ha capito l’essenza del sistema tv e della sua evoluzione. Secondo l’ex parlamentare ds, tutta la produzione legislativa sul settore televisivo è percorsa da un unico filo conduttore: «Il desiderio di modificare uno stato di cose considerato non accettabile. Anziché indirizzare il futuro, ripristinare il passato per cambiare il presente». Lo schema esposto nel libro (suffragato da contributi specialistici di Paolo Buccirossi, Emilio Pucci e Vincenzo Zeno-Zencovich) è presto detto: il sistema della comunicazione è da tempo in perenne turbolenza, determinata dal crescere delle opportunità offerte dalla tecnologia. Pretendere di ordinarlo predeterminandone le caratteristiche significa rincorrere una realtà che si trasforma in continuazione, e quindi mettere briglie indebite al mercato. Lo stesso duopolio è una «anomalia presunta», dal momento che la concentrazione nel mercato televisivo «è un fenomeno naturale, ovunque nel mondo». In realtà la critica più ovvia all’analisi di Debenedetti riguarda il fatto che l’anomalia di sistema sarà pure presunta, ma quella che coinvolge il politico Berlusconi proprietario di metà del duopolio è evidente. Ma secondo l’autore questo problema non si risolve con una legge ad personam, confondendo il conflitto d’interessi con il funzionamento del mercato. La legge Gentiloni è una legge «ideologica». Per assecondare nel modo più adeguato a una democrazia moderna la trasformazione del sistema televisivo, occorre rinunciare alle ipotesi «costruttiviste», e favorire in ogni modo l’articolazione dell’offerta, in modo che sia la concorrenza a garantire la libertà di espressione.

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