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I falsari di Tangentopoli

29/11/2001

Riscrivere la storia è stato il vero successo di Silvio Berlusconi. Gli anni post-1992 sono divenuti una "guerra civile" condotta dalla sinistra infiltrata nella magistratura. Mani pulite si è trasformata in un complotto contro i partiti liberaldemocratici. Tangentopoli, il simbolo di un’aggressione comunista contro le forze di governo. A furia di ripetere questi slogan, il pool di Milano è stato ridotto a un’avanguardia leninista. La versione è distorta per molti motivi. Ignora ad esempio il fatto che tra gli anni Ottanta e i Novanta l’intreccio della corruzione aveva trasformato l’economia in un oligopolio drammaticamente imperfetto, con effetti pesantemente distorsivi sul mercato. Qualcuno ha dimenticato la processione del mondo economico negli uffici dei piemme milanesi, in parte per cercare di mitigare l’azione processuale, ma in parte anche per liberarsi dal peso insostenibile del network tangentizio? Il revisionismo di Berlusconi e dei suoi ispiratori è forzato proprio perché attribuisce ai giudici la caduta di un sistema politico: mentre in realtà i partiti di governo crollarono in quanto esausti, incrostati di corruzione, incapaci di autoriformarsi. Attaccare i magistrati significa scambiare strumentalmente la causa con l’effetto. L’azione delle procure non sarebbe bastata a sbriciolare il sistema di potere di Dc, Psi e alleati. Per fare saltare il banco c’è voluta l’irruzione leghista, sono stati necessari i referendum maggioritari di Mario Segni, ha dovuto manifestarsi l’incapacità rigeneratrice di Mino Martinazzoli e dei numeri due socialisti. Ciò detto, viene da chiedersi per quale motivo, ottenuti tutti i suoi scopi, Berlusconi continui nel suo forcing contro le "toghe rosse". E di conseguenza perché la fazione degli avvocati presente in Forza Italia, a partire da Carlo Taormina (il sottosegretario che invoca gli arresti per i magistrati di Milano), mantenga altissimo il tiro, sfidando l’accusa di rendere abissale il conflitto fra le istituzioni. La spiegazione per cui si tratta di una tattica, tesa ad alzare difese preventive contro eventuali altre iniziative giudiziarie, sembra perlomeno incompleta. C’è del vero, ma probabilmente il disegno berlusconiano è più complesso. Con un’opposizione fiacca, e con un sistema dell’informazione in procinto di uniformarsi quasi in toto alla linea governativa, Berlusconi ha solo un nemico, reale o potenziale: cioè un’istituzione dello Stato, la magistratura. Che ormai difficilmente può metterlo sotto accusa. Ma che è ancora un rischio, o un fattore imprevedibile, per tutto quel blocco politico berlusconiano che fa ampio ricorso al personale politico, socialista e democristiano, dei vecchi tempi, in posizioni di governo e di sottogoverno. I progetti di Berlusconi (sul Csm, sulla Corte costituzionale, sulla separazione delle carriere) non appartengono più al contesto della guerra civile o semplicemente della vendetta: mentre si va integrando un sistema di potere, sono piuttosto le mosse della guerra preventiva.

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