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i nulla vedenti

04/10/2007

Il programma condotto da Paolo Bonolis con la collaborazione di Luca Laurenti, "Ciao Darwin", sottotitolo "L’anello mancante", è giunto alla quinta edizione e va in onda il martedì in prima serata su Canale 5. La collocazione testimonia che è considerato un programma di punta. Aldo Grasso ne ha parlato come di un’occasione mancata. Ma "Ciao Darwin", sebbene non parli dell’evoluzione della specie, parla dell’evoluzione della tv. La trasmissione di Bonolis infatti è tv contemporanea allo stato quintessenziale: con un’operazione alla Tarantino (uno dei "Kill Bill", per intenderci), "Ciao Darwin" prende archetipi televisivi e li piazza in un orizzonte mitologico. Sono frammenti ripescati dall’intrattenimento pop, o dai primi programmi di Gianfranco Funari, proiettati nella tv generalista di oggi e fatti diventare icone della post-post-postmodernità. I risultati di audience non interessano. Importa poco anche il contenuto. Ciò che conta è che si tratti di immagini televisive, con lo schermo decomposto e Bonolis in un box in basso a sinistra che dialoga con degli infelici. Sono in gioco strutture di realtà divenute "fictional", televisività pura, Bonolis-pensiero e Bonolis-ideologia distillati in sequenze tv. Si potrebbe sostenere che nessuno ha mai capito la logica di "Ciao Darwin", se non fosse che come dice il cantautore poeta amico di Veltroni ed elettore della Bindi, «non c’è niente da capire». "Ciao Darwin" è il nulla, come disse Gianni Boncompagni di "Macao", ma è un nulla fatto di televisione, tv che si autoriproduce, partenogenesi assoluta. Non è neppure necessario guardarlo, il programma: basta sapere che c’è per esserne coinvolti o complici. È il quinto o sesto potere, siamo suoi prigionieri. E d’altronde, il linguaggio di Bonolis continua a essere il migliore artificio inventato per la tv di oggi, metà Renato Zero e metà Alberto Sordi, con pennellate auliche. Voto: ineluttabile.

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