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Il Papa-re affligge il Cavaliere

15/02/2001

Il presidente onorario Andreotti visita casa Gheddafi, il presidente Zecchino invoca le ragioni dell’etica politica, il segretario D’Antoni evoca la Dc: «Né nostalgici né immemori». La nascente Democrazia europea è un mistero chissà quanto glorioso nel rosario delle mutazioni dc. Il mistero sembrerebbe poi sfumare nel comico a parlare di numeri (e difatti il distaccato Franco Marini, renitente a illusioni neo-dc come a progetti arabeggianti, di fronte alle 200 mila adesioni sbandierate da D’Antoni si è fatto «una bella risata»). Si ride, ma si ride verde. Ridono poco nella Casa di Berlusconi, dato che un patto con l’ex califfo della Cisl avrebbe impresso il sigillo della tradizione degasperiana di Andreotti; ma soprattutto perché i ragionieri elettorali temono che i neocentristi si prenderanno una ventina di seggi che potevano essere sottratti all’Ulivo, e che invece adesso si accaseranno laggiù. In realtà, l’abbraccio di Andreotti a Democrazia europea è stato quasi letale. Senza il non expedit del papa-re, il cislino D’Antoni avrebbe fatto un sobrio accordo con l’operaio Berlusconi, completando pragmaticamente la Casa delle libertà come alleanza-sistema, con tanto di centro liberal, destra marginal e sinistra octroyée. Il veto andreottiano ha reso tutto più difficile: e in situazioni del genere l’unica via è spararle altissime. Scardinare i poli, battere il bipolarismo, resuscitare l’Idea, malgrado anche l’"Osservatore romano" storca il naso sulla confusione generatasi nel centro. Per scalare il muro del 4 per cento, Democrazia europea ha l’obbligo di presentarsi come una ditta di demolizioni. È un partito moderato che si qualifica come generatore di instabilità, con una luminosa reincarnazione andreottiana: dal tirare a campare alla guerra santa. Logico che, a destra come a sinistra, il fastidio sia al diapason. Intanto la carovana Andreotti-D’Antoni-Zecchino ha già rubato la scena agli altri terzopolisti, da Di Pietro alla Bonino. Malgrado la compagnia di vecchi beduini come Pomicino e Cristofori, potrebbe strappare voti di qua e di là, fra gli insoddisfatti e in qualche clientela nostalgica e memore. Non è il partito della modernizzazione politica, non è "nuovo", annovera venerabili maestri del politicantismo. Breve: è un partito libico, terzaforzista, non allineato. Lo si può bombardare, ma a che serve? Poiché può far male, saranno in molti a cercare di trattarlo bene. (Al punto che qualcuno, a sinistra, lo vede come un possibile antidoto, nel segno della confusione, al trionfo del Cavaliere. Se poi ci fosse il no contest, Allah è grande, e Andreotti un buon profeta).

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