gli articoli L'Espresso/

Il profeta dell’Emilia

26/04/2007

In questa casa la presenza dei morti è quotidiana e anche estremamente vitale… Era il Venerdì santo, e su "Tv7", il magazine del Tg1, andava in onda un servizio di Giorgio Tonelli dedicato al "reduce", l’ex leader dei Cccp-Fedeli alla linea, e poi dei Csi-Consorzio suonatori indipendenti, e quindi dei Pgr (acronimo che vuol dire "per grazia ricevuta"), il "punk cattolico" Giovanni Lindo Ferretti. Sei minuti essenziali, con la fotografia di Giovanni Veronesi e il montaggio di Roberto Nerozzi. Essenziali perché consentivano di vedere la casa di sasso di Ferretti a Cerreto Alpe, sul crinale dell’Appennino reggiano, cioè il luogo del suo «ritorno». E riuscivano a mostrare il lato ipnotico, infinitamente suggestivo di questo visionario e realistico profeta dell’Emilia più lontana, aspra, povera e sconosciuta. Il ritorno a casa di Ferretti è il culmine simbolico di un viaggio che comincia dal cattolicesimo dell’infanzia, si sviluppa in trent’anni di religione comunista, nell’urlo punk che invoca il Patto di Varsavia, un piano quinquennale e «la stabilità», per poi tornare alla fede tradizionale, con una luce negli occhi che sembra quella dei bambini: «Io non ho paura di nulla», dice Giovanni Lindo, forse riecheggiando il «non abbiate paura» di Karol Wojtyla. E mentre i più volgari fra quelli che gli sono diventati ostili scrivono sui muri «Giovanni Lindo Ferretti, dalle pere a Pera», lui getta il suo sguardo sul mondo, si espone come un monaco predicatore, con la sua faccia bellissima da contadino medievale, un Wiligelmo vivente: e senza fare prediche, semplicemente annunciando una verità. Non ci vuole molto a fare televisione, se c’è un’idea e la voglia di raccontare. Ci fosse stato qualche minuto in più, forse si potevano vedere i cavalli e i cani di Giovanni Lindo, i boschi dell’Appennino, quella natura ancora poco corrotta che lascia uno spiraglio a qualche speranza. Ma in quella casa che forse assomiglia alle case di Silvio D’Arzo, a servizio finito restava sullo schermo l’alone della sincerità assoluta di Giovanni Lindo Ferretti, insieme al suo pudore. Per la prossima Pasqua, qualcuno si inventi un venerdì di Passione in cui Ferretti possa raccontare la sua casa, i suoi animali, i suoi pensieri, i suoi morti così vitali. Niente come il paradosso illumina la verità. E quei sei minuti a Pasqua non erano solo un frammento luminoso di televisione, erano un grano lucente di verità.

Facebook Twitter Google Email Email