Difficile, complica- to, anche impopolare il ruolo dell’opposizione in tempi di emergenza. Già dopo il G8 di Genova il centrodestra aveva cercato di coinvolgere l’Ulivo in un’ambigua collocazione "bipartisan", chiedendo pronunciamenti e prese di posizione contro la violenza, come se alle forze di centrosinistra occorresse una specie di patente democratica, una rassicurazione pubblica che escludesse la contiguità con i settori violenti dei no global. Ma adesso, dopo il raid stragista contro l’America, e nella prospettiva di un’aspra risposta delle forze occidentali, la situazione si fa persino più complicata. Non tanto perché la sinistra non abbia le carte in regola quanto a lealtà alla Nato e alla prossima coalizione contro i santuari del terrorismo: la storia recente dell’Ulivo comprende l’iniziativa militare nel Kosovo, e quindi sarebbe difficile mettere il dito su una sua presunta inaffidabilità geopolitica. Il fatto è invece, come ha sottolineato nei giorni scorsi Massimo D’Alema, che le crisi giocano di per sé a favore dei governi in carica. L’emozione collettiva induce una vasta maggioranza dell’opinione pubblica ad appoggiare le decisioni governative, e quindi a fare salire il consenso del premier e dell’esecutivo. La stessa inquietudine dei cittadini rispetto alla minaccia di nuove azioni terroristiche e alle implicazioni di un impegno militare tende a trasformarsi in una richiesta di unanimità sulle decisioni. Date queste premesse, ogni critica rivolta al governo, ogni forma di opposizione sugli atti parlamentari e sulle misure di legge rischia implicitamente di prendere una certa coloritura disfattista. Anzi, qualcuno avrà interesse a far circolare il messaggio che la minoranza di sinistra non ha la sensibilità politica di moderare la sua opposizione all’esecutivo e di tenere conto dell’eccezionalità. In realtà, per quanto impopolare possa apparire o venire illustrata, va rafforzata l’idea che la tenuta di un sistema democratico si misura proprio nella capacità di agire nel senso del "business as usual" malgrado la gravità delle circostanze. E la normalità del funzionamento istituzionale è assicurata proprio da un’opposizione che svolga il suo lavoro. Sembra un’ovvietà: eppure i confini della bipartisanship sono limitati, così come è ridotta la sfera delle decisioni che richiedono una solidarietà unitaria delle leadership. Così, mentre si preparano iniziative eccezionali, occorre anche preservare la normalità della dialettica politica. Si tratta di evitare che in area governativa si lasci opportunisticamente filtrare l’etichetta di un’opposizione inaffidabile e incapace di valutare le condizioni in cui il governo si trova a operare. E da parte del centrosinistra ci vuole uno sforzo ulteriore, anche sul piano della comunicazione, per esprimere la propria responsabilità sulla questione internazionale, ma senza perdere di vista il proprio compito istituzionale di opposizione. Perché non c’è nulla di peggio di un ceto politico lacerato sui grandi temi; se non forse, la grande confusione, cioè la strumentalizzazione di chi governa e la timidezza di chi deve controllare.
27/09/2001