Ancora due parole su "Edda", la fiction in due puntate trasmessa di recente da Raiuno. Dato che non è piaciuta per niente a molti fascistoni e post-fascistoni, e soprattutto non è piaciuta ad Alessandra Mussolini, sarà il caso di anticipare che né la storia né la fiction devono essere lasciate ai parenti. Non appena qualcuno dice "la zia non era così", e "il nonno non era cosà", la risposta è: chi se ne frega. Trattasi di sceneggiati, naturalmente. E soprattutto in questo caso. Perché c’è una linea alla Rai, quella perseguita da Pino Corrias, che privilegia un rapporto quasi febbrile con la storia (vedi "La meglio gioventù" di Giordana e il "De Gasperi" della Cavani), esponendosi a un’analisi filologia e critica; e un’altra linea invece che persegue un tratto "fictional", più fotoromanzato e folk. "Edda" aveva dalla sua una story fantastica, che nessuna sceneggiatura può rovinare. Non è il caso di precisare che un Mussolini quarantacinquenne all’epoca del Concordato dimostrava settant’anni, e che il ferrarese bleso Italo Balbo (memorabile nell’imitazione che ne faceva Montanelli biascicando di traverso la esse) pronunciava romanamente "i diriggenti". Bastava la bellezza di Alessandra Martines a tenere in piedi la storia, con molte sigarette moderniste, accese per sprezzo e spente con rabbia. E si poteva accettare Massimo Ghini nella parte impomatata di Ciano, anche se ogni tanto gli sfuggiva qualche manierismo alla Sordi nella parte del marito adultero che fa le scene madri alla moglie. Ciò che non si riesce a sopportare è quando i protagonisti dicono le frasi storiche. Va bene che le dicano, che so, alla fine della riunione del Gran Consiglio del 25 luglio 1943. In quei casi Mussolini ha detto ai gerarchi: «Signori, voi avete affossato il regime», o giù di lì, e quindi è giusto che lo dica anche la sceneggiatura. Meno ragionevole è che le frasi storiche vengano dette nella cucina di Villa Torlonia, in conversazioni fra il Duce e donna Rachele, con l’intervento geopolitico di Edda Ciano; oppure che il conte Ciano vada a dormire con la moglie sproloquiando della Germania e della Francia. Perché quando la fiction arriva all’alta strategia in salotto,«ci sono un tedesco, un francese e un inglese», ci si plafona al livello delle barzellette, e fa un po’ ridere.
09/06/2005