Il ritorno alla televisione di Gianni Boncompagni è avvenuto senza clamori su La7, con un programma, "Bombay", che dovrebbe riprendere integralmente il paradigma della televisione come "vuoto", o "nulla". È la televisione di Boncompagni, uno dei creatori televisivi più bravi, e soprattutto uno dei teorici più completi del niente televisivo. Solo che per entrare nella mente e nel cuore degli spettatori, Boncompagni ha bisogno di tempo, di ripetizione, di tormentini e tormentoni. Vista la prima puntata (il martedì, seconda serata), naturalmente non si sa ancora che cosa dire. "Bombay" richiama inevitabilmente "Macao", una specie di iper-televisione, o una meta- televisione, insomma pura "tv di tv". Senza significato, senza contenuti che non siano frammenti e frantumi di contenuto televisivo destrutturato. Non aumenta molto il significato intrinseco nemmeno l’uso di "esperti" come Giulio Andreotti e Arnoldo Foà, in fuorigioco e desemantizzati rispetto ai puzzle televisivi di "Bombay". In fondo, la televisione di Boncompagni non è fatta da programmi, ma da sottofondi: luci colorate, ballerine di Siviglia, gadget musicali. Il fatto è che ormai molti hanno imparato da lui come si fa questa televisione autoreferenziale e insensata. E allora, da un vecchio e nichilista genio della tv, ci si aspetta la zampata, cioè l’invenzione che scatena l’applauso intellettuale. Difficile farlo con una tv laterale come La7. Piccoli numeri di share, pubblico impaziente con il pollice sul telecomando. Ci vuole pazienza, in attesa che il meccanismo scatti, e il consenso si manifesti. Ma oggi gli spettatori ce l’hanno la pazienza? Voto: non classificabile, si resta in perplessa attesa.
08/11/2007