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Istruzioni per post-schizzati

09/10/2003

Chi è il professor Giulio Cesare Giacobbe, e perché si parla di lui? Semplice, è l’autore di un pamphlet (edito da Ponte alle Grazie), 124 pagine e 9 euro che promettono di rovesciarvi l’esistenza. Appena apparso in libreria ha bruciato la prima tiratura. Sarà per il titolo: "Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita". Letteratura trash? Manualistica cheap? «Una sciocchezza», secondo l’autore: «A giudicare dal titolo, questo libro sembra una belinata». Dal che si capisce che Giulio Cesare Giacobbe opera a Genova. A Genova si è laureato in filosofia, poi ha studiato psicologia in California, e adesso sempre all’Università genovese ha la cattedra di Fondamenti delle discipline psicologiche orientali. Belinata o no, il libro è «un manuale pratico di autoprevenzione e autoterapia delle nevrosi». E qui bisogna storicizzare. Perché la vicenda degli ultimi quarant’anni è costellata di autori eccentrici, sulle cui opere diverse generazioni hanno cercato e smarrito un equilibrio mentale. I pre e post-sessantottini si sono perduti nelle teorie di Wilhelm Reich, altri si sono divertiti con gli estremismi simbolici di Groddeck. Ma forse il testo più classico è quello di Robert Pirsig, "Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta": il quale, con la scusa di raccontare viaggi, esperienze mentali e motociclette, divulgava tutta la storia della filosofia. Ma opere di questo tipo andavano bene allorché la figura sessantottesca del "giovane" era altamente culturalizzata. Ma con le generazioni di oggi, con gli "addict" della sega mentale che affollano le università, ci voleva un testo sacro diverso. Eccolo a voi. «Questo libro l’ho scritto sollecitato dai miei studenti», dice Giacobbe. E in effetti l’opera ha una storia singolare. Era circolata nelle librerie genovesi in forma di dispensa, vendendo semi-clandestinamente qualche migliaio di copie. Alla fine, richiamato dal tam tam, uno scopritore di talenti editoriali lo ha portato nel gruppo Longanesi. Il tempo di stamparlo e di farlo uscire, e il libro è stato preso d’assalto. Evidentemente le seghe mentali sono una malattia diffusa. Anzi, diffusissima. Il professor Giacobbe si rivolge a un target medio di studenti, le cui seghe mentali medie sono del tipo semplice. Lei me la darà? Lui mi tradisce? Di suo, Giacobbe ci mette una propensione per le spiritosate, una voglia goliardica esplicita, un retrogusto forse paternalista del tipo "istruisce e diverte". Che cosa siano le seghe mentali è presto detto. Pensare fa male. Il pensiero si rivela fin troppo spesso una sega mentale. È vero che ci sono seghe mentali positive, quelle che generano l’arte, la scienza, la letteratura. Ma sono rarità. In genere la sega mentale è malefica. È un pensiero ossessivo che genera sofferenza, è la concezione autistica secondo cui il mondo è un’illusione, e la realtà esiste solo in quanto noi la pensiamo. Diciamolo meglio: «Le seghe mentali non sono altro che la riproduzione iterata e automatica di pensieri portatori di una qualche tensione, cioè di sofferenza, generata da uno stato di paura, ossia di allarme nei confronti di qualcosa, che il nostro cervello ritiene pericoloso per la nostra incolumità, il più delle volte non reale, ma simbolica». Resta solo da vedere qual è la ricetta per smettere. Be’, è facile. Bisogna fermare il pensiero. Ci si concentra su un oggetto, sulla realtà circostante, si diventa "osservatori", e l’ossessione si allenta. Dopo di che, ci sono passi successivi, che sono quelli classici della meditazione orientale. I mantra, la respirazione, l’ascesi spirituale buddista, lo Yoga. Sempre con una dose d’ironia, perché anche lo scopo ultimo della contemplazione può risultare controverso: «Se ti accanisci a raggiungerlo, crei tensione e ricadi nella trappola della nevrosi: cioè delle seghe mentali». Il successo del libro di Giacobbe implica un pubblico ricettivo. Si può quindi presumere che esistano larghe fasce di italiani, giovani e adulti, afflitti dalla varia fenomenologia delle seghe mentali. Tutta gente che sta cercando di sopravvivere nella turbolenza contemporanea, e nel tentativo di riuscirci si inventa fantasmi intellettuali e fissazioni neurotiche. Per questi soggetti clinici, "Come smettere di farsi le seghe mentali" risulterà un saggio imperdibile. Perché offre terapie in apparenza semplici, come se la felicità, o la cessazione del dolore, fosse a portata di mano. E poi, come ricorda proprio l’autore, tutti i mantra vengono potenziati se hanno un contenuto religioso o evocativo. Ripetere "Mio Dio" anziché "Coca-Cola" funziona meglio e produce migliori risultati, se ci si crede. E l’autore, per l’appunto ci crede. Logico allora che la verità trovi un pubblico. Se l’autore ha fede, avranno fede anche i suoi studenti. Ci crederà una platea più vasta di afflitti dalla sindrome della sega mentale. Ci crederanno coloro che pensano che la nostra civiltà deterministica è tutta sbagliata, i no global in chiave new age, gli spiriti romantici, gli ayurvedici. Magia che funziona. Perché l’importante è smettere di farsele, le seghe mentali. Oppure, aggiungerne una nuova. In attesa del prossimo manuale, e della prossima inevitabile ossessione.

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