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La pubblicità è l’anima della politica

26/02/2004

Ieri l’euro era l’oggetto di una polemica populista; oggi è un’ancora. Appare schizofrenico il pensiero del centrodestra, dal momento che il presidente del Consiglio sostiene che il paese si è arricchito, mentre pochi giorni dopo il ministro Giulio Tremonti lancia una specie di piano fiscale per colpire gli aumenti dei prezzi. Tra la visione flou di Silvio Berlusconi e l’aumento dell’inflazione c’è un terreno accidentato, in cui avvengono fenomeni economici che coinvolgono pesantemente le famiglie, falcidiano i redditi, spostano ricchezza. A chi è esposto al diluvio post-euro le parole del capo del Governo sembrano un’amara ironia alle spalle dei perdenti: è una visione paradossale quella di un paese che si arricchisce mentre i suoi abitanti si impoveriscono. Ed è strano anche l’atteggiamento di Forza Italia, che quando era all’opposizione contestava aspramente i dati dell’Istat, mentre ora li sbandiera come la prova provata della stabilità e della crescita italiana. Naturalmente Berlusconi ha tutto il diritto di evocare un paese e una società dipinti con sfumature azzurre. La pubblicità è l’anima anche della politica, non solo del commercio, e il premier avverte il bisogno di contrastare la valutazione gravemente pessimistica che si sta diffondendo sul suo governo, e che rende perplessi anche numerosi elettori del centrodestra. Per uscire dal dilemma di un’Italia sospesa fra arricchimento e impoverimento, occorre rilevare un fenomeno in sé elementare, ma che sfugge ai dati medi e alle rilevazioni generali. L’inflazione infatti è un tiro alla fune sul piano sociale. Qualcuno ci rimette, qualcun altro ci guadagna. Uno studioso e parlamentare riformista, Nicola Rossi, ha analizzato i dati ufficiali dell’Istat, mostrando che l’impatto della curva inflazionistica è significativamente maggiore su alcuni ceti, su alcuni tipi di famiglia, sul lavoro dipendente, sulle pensioni. Non si tratta di una scoperta straordinaria: eppure mette in rilievo che in questo momento, anche sul piano economico, esistono due Italie. Non c’è soltanto la divaricazione fra l’Italia mediatica e l’Italia reale descritta da Ilvo Diamanti: c’è anche in atto un problema di redistribuzione fra una fascia di società che ha subito l’aumento dei prezzi e un’altra fascia che ne ha tratto vantaggio. Detto in termini un po’ fuori moda, oggi stiamo assistendo a una variante della lotta di classe. Risulta curioso che essa venga condotta dai ricchi contro i poveri: tuttavia questa semplificazione estrema descrive un processo politico importante. Se è vero infatti che il sogno berlusconiano aveva indotto al consenso per il centrodestra anche una platea di elettori marginali, non privilegiati, esposti alla pressione televisiva, componendo un interclassismo fondato sul miraggio di un benessere facile per tutti, l’inflazione a due velocità rappresenta la smentita politica di un’illusione. Dovrebbe bastare questa modesta considerazione per caratterizzare l’azione politica del centrosinistra. Nei prossimi mesi, a partire dalle elezioni europee, non c’è in gioco soltanto il successo della lista unitaria: il confronto politico non riguarderà esclusivamente una battaglia di astrazioni bipolari. C’è in bilico anche una partita fra interessi. Partita pesante, da cui dipende il profilo della società italiana. L’Ulivo deve assimilare l’idea che l’alternativa a Berlusconi non è la contrapposizione di un sogno a un sogno. Se è vero che gli arricchiti dall’inflazione appartengono tendenzialmente all’elettorato di centrodestra, occorrerà mettere a fuoco che gli impoveriti devono essere conquistati dal centrosinistra. Non con formule politiciste, ma con idee e progetti riferiti alla realtà effettiva, al disagio che serpeggia nel paese, alla precarietà e all’insicurezza determinate dalla flessibilizzazione dell’economia. Per ora, Berlusconi offre come progetto politico la sua faccia; l’Ulivo promette l’unità riformista. Ci vuole una iniezione di realtà e di consapevolezza: altrimenti "l’altra" Italia, il paese impoverito, sentirà solo parole. E quanto a parole non è facile battere l’Italia immaginaria del Cavaliere.

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