Non è usuale che il presidente della Repubblica e il capo del governo appaiano insieme in tv per rivolgersi al Paese. Per questo, l’immagine appaiata di Carlo Azeglio Ciampi e Silvio Berlusconi durante il G8, sullo sfondo di una Genova devastata, aveva una doppia valenza. C’era l’aspetto simbolico, con le due maggiori istituzioni dello Stato che si esponevano per trasmettere una rassicurazione all’opinione pubblica. Ma era più rilevante l’aspetto politico implicito: in quel momento, il Quirinale si incaricava di coprire Palazzo Chigi. L’autorevolezza del Colle si stendeva sul premier esordiente, mentre Berlusconi accettava un ruolo semi-gregario. È un altro episodio che connota la diarchia creatasi al vertice delle istituzioni. La coabitazione fra il vecchio azionista, ministro ulivista, garante delle convenzioni istituzionali, e lo sdoganatore degli ex missini, oltre che strenuo oppositore delle politiche dell’Ulivo, costituisce una delle fattispecie più singolari della Seconda Repubblica. Finora, Ciampi si era limitato alle azioni di "moral suasion", come nella composizione dell’esecutivo e nella scelta dei ministri; a Genova si è manifestata invece una forma di tutela. Non dichiarata ma percepibile. Sarebbe una forzatura sostenere che Berlusconi è un premier a sovranità limitata. Piuttosto, si intravede una sottile trama di scambi: il Quirinale vuole un contesto di stabilità, nel rispetto del tessuto istituzionale, senza slabbrature populiste e senza sbreghi regolamentari; mentre Palazzo Chigi avverte ancora il bisogno di una legittimazione dall’alto, che gli conferisca un crisma di rispettabilità politica e di credibilità istituzionale. L’equilibrio è acrobatico, poiché fra la sostanza del grand commis Ciampi e quella del leader mediatico Berlusconi c’è una differenza ontologica. I loro mondi si iscrivono in orbite lontanissime. Il capo dello Stato ha buon gioco nel rivendicare la titolarità del sistema di garanzie democratiche, e Berlusconi ha per ora qualche vantaggio nel concedergli il riconoscimento di questa titolarità. Questo gioco di scambi può durare a lungo, ma non fino al punto di ridurre Berlusconi alla dimensione di premier dimezzato. Quindi è dubbio che l’equilibrio possa restare inalterato all’infinito. Anche perché Ciampi non è solo il garante di Berlusconi, ma è il riferimento di ultima istanza dell’opposizione: nel momento in cui il governo accelererà la propria azione, alzando inevitabilmente la temperatura del confronto politico (oppure quando emergeranno di nuovo in modo vistoso i problemi connessi al conflitto d’interessi), il centrosinistra si rivolgerà al Quirinale per ottenere un sostegno o una parola dirimente. A quel punto, l’equilibrio potrebbe spezzarsi. Un Berlusconi emancipato politicamente risulterà via via insofferente di ogni tutela. L’Ulivo chiederà appoggio al Quirinale. Come in ogni condominio, la coabitazione fra due inquilini reciprocamente troppo ingombranti è destinata a complicarsi.
02/08/2001