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Laboratorio per apprendisti stregoni

13/03/2003

I più sottili esegeti della Rai hanno sempre sostenuto che le rotture d’assetto nella televisione pubblica costituiscono il preludio di crisi politiche incombenti: come se nel consiglio d’amministrazione e negli organi direttivi le tensioni politiche fra i partner di governo si scaricassero liberamente, indifferenti alle alchimie di alleanza, rivelando la portata conflittuale implicita negli equilibri di maggioranza. In effetti il mondo apparentemente piccolo della Rai rappresenta un laboratorio per apprendisti stregoni, dove le guerre politiche si svolgono senza la schermatura degli accordi fra i partiti. Fino a qualche settimana fa sembrava che il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, e il suo partito, l’Udc, si fossero malamente incartati. Anziché provocare la caduta del Cda, l’uscita del consigliere centrista Staderini aveva determinato uno stallo penoso; gli osservatori più realisti pensavano che alla lunga l’unica soluzione praticabile sarebbe stata quella del reintegro del consiglio, alle condizioni di Berlusconi e Bossi, non a quelle dei postdemocristiani. Ma i realisti non tenevano conto di due aspetti complementari. Da un lato la pazienza temporeggiatrice di Casini, dall’altro il cupio dissolvi attivistico del duo Baldassarre-Albertoni. Al presidente della Camera è stato sufficiente dare retta alla sua indole politica, aspettando con fiducia l’incidente che avrebbe fatto cadere il Cda; mentre i due consiglieri residui hanno inanellato una serie di gaffe stralunate, ultima la decisione estemporanea di trasferire a Milano la direzione di Raidue, offrendo di fatto la propria testa. Una volta risolta la vicenda del Cda, resteranno nel corpo del centrodestra le ferite inferte da una battaglia cruenta. Non tanto l’incomunicabilità infastidita che ormai caratterizza i rapporti fra Casini e Pera, e nemmeno l’insofferenza aziendalistica di Berlusconi per le manovre dell’Udc: in termini politici, la battaglia della Rai ha messo in luce, più che la fisiologia dei rapporti contraddittori dentro la Casa delle libertà, la patologia dell’equilibrio complessivo con la Lega. Questa è l’eredità vera della partita-Rai. Lasciato a gestire da solo il patto con Bossi, Berlusconi (con la sua longa manus Tremonti) tende a concedergli praticamente tutto, squilibrando gravemente la coalizione agli occhi dell’Udc e di An. Bossi si ritrova un potere di ricatto fuori misura, temperato faticosamente solo dalle cene con il premier. Sotto questa luce, la Rai è stata solo un lungo episodio. Un’altra vicenda intricata la si vede nelle estenuanti trattative per le candidature alle amministrative. È già innescata anche la mina della legge costituzionale sulla devolution. Ed è verosimile che sulla Convenzione europea Bossi, l’uomo che accusò l’Unione di essere una "Forcolandia", possa aprire un contenzioso ad alto potenziale ideologico. Ciò non significa che la Casa delle libertà sia un’alleanza in attesa di demolizione. Significa tuttavia che la solidarietà interna della coalizione di maggioranza non è una certezza teologica, bensì il risultato di una situazione continuamente patteggiata. È vero che Bossi controlla forze elettorali troppo esigue per poter rischiare avventure politiche distruttive come nel 1994. Ma è altrettanto vero che proprio per la sua debolezza numerica deve anche procedere a strappi, per riuscire a mostrare al suo "popolo" i trofei politici che riesce ad aggiudicarsi. Tutto sta nel vedere fino a che punto le forzature bossiane (come il tentativo di imporre in Rai un direttore generale leghista ignoto anche ai più strenui conoscitori del mondo televisivo) potranno essere tollerate dagli alleati. Fra i consiglieri più intimi di Berlusconi, qualcuno già da qualche tempo segnala che il ricatto della Lega dovrebbe essere messo allo scoperto con fermezza, anche senza escludere scenari politicamente audaci come un ribaltone a rovescio, un attacco preventivo, un 1994 anti-leghista. Che non sia fantapolitica lo dimostra proprio la guerra dei nervi, delle mezze verità, dei mezzi agguati e delle ritorsioni intere che ha segnato la defenestrazione del vertice Rai.

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