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Le primarie a doppio taglio

21/07/2005

Le elezioni primarie dovevano essere una cerimonia per incoronare un leader, Romano Prodi, che non ha alle spalle una forza politica: il "suo" partito, la Margherita, si è via via caratterizzato come una forza post o neodemocristiana; la lista unitaria è stata abbattuta dagli attacchi di Francesco Rutelli; la pace instauratasi in seguito ha consegnato Prodi a un ruolo di sintesi, lasciandolo tuttavia privo di qualsiasi strumento politico. Anche le primarie, che nessuno voleva tranne i prodiani più integrali, fanno parte dello scambio intervenuto per salvare il salvabile, dopo un conflitto interno che avrebbe anche potuto portare l’Unione alla condizione dell’impresentabilità politica. Si è trattato insomma di una soluzione che ha sostituito un disastro con un problema. Resta però da vedere qual è la posta in gioco l’8 e 9 ottobre prossimi. Si sa che i dubbi sulla leadership del Professore sono largamente accademici, nel senso che malgrado tutte le idee più inventive non si è mai trovato un sostituto in grado di fungere da punto di equilibrio nell’arco del centrosinistra, fra laici e cattolici, riformisti e comunisti, moderati e oltranzisti. Quindi la prova delle primarie non dovrà essere la dimostrazione della forza, dell’autorevolezza e della popolarità di Prodi. Sarà qualcosa di molto più insidioso: vale a dire una specie di giudizio di Dio, o meglio del popolo, sull’esistenza dell’Unione. Scartiamo a priori la possibilità di un fallimento di Prodi. Se "Romano" otterrà un risultato scadente, se Fausto Bertinotti lo insidierà troppo da vicino, non sarà il Professore a cadere. Il senzapartito Prodi al massimo è in grado di spostare correnti di opinione pubblica. Non controlla apparati, non ha dietro di sé truppe cammellate. Di conseguenza nell’ottobre prossimo verrà messa ai voti prima di tutto la consistenza del centrosinistra come entità politica. Saranno capaci i partiti di organizzare una consultazione popolare significativa? Di portare i loro simpatizzanti, militanti e quadri nei seggi elettorali? Di tenere vivo il confronto fra i candidati? Sono domande impegnative, e non ci sono risposte precostituite. In una competizione/consultazione tutta inedita come quella a cui assisteremo, le forze del centrosinistra dovranno impegnarsi nella realtà viva della società italiana per confermare una leadership già scelta. Ora, quando si dà la parola al popolo bisogna farlo seriamente. E prendere sul serio ciò che il popolo dirà. La credibilità dell’Unione verrà misurata anzitutto dalla qualità organizzativa che verrà mostrata nell’occasione. Subito dopo, naturalmente, dal tasso di partecipazione dei cittadini. Infine, dal risultato che Prodi otterrà, e da quello dei suoi competitori. L’incertezza è altissima, e gli oppositori più fondamentalisti delle primarie sono ancora convinti che alla fine non se ne farà nulla, che un incidente provvidenziale toglierà di mezzo questo inciampo bizzarro. Ma se invece, come sembra, le primarie si faranno, occorrerà che il centrosinistra le faccia riuscire. Perché se le primarie riescono vorrà dire finalmente che l’Unione non è soltanto uno stato d’animo, una condizione mentale modellata esclusivamente dall’antiberlusconismo. Significherà insomma, o significherebbe, che una parvenza di realtà c’è ancora, nell’Italia del reality postpolitico. Come si vede, la proposizione è ipotetica. Ed è superfluo specificare che i pericoli sono superiori alla opportunità, dato che da troppo tempo il centrosinistra è occupato in esegesi sofisticate sulla propria esistenza per essere in grado di mettere in moto il proprio elettorato. Mancano meno di tre mesi, ci sono di mezzo le vacanze d’agosto, la macchina organizzativa è allo stato fluido. Eppure a questo punto non è consentito sbagliare le primarie. Con una conseguenza imprevedibile, e per certi versi anche paradossale: se il popolo andrà alle urne, vorrà dire che l’Italia di centrosinistra è non uno soltanto, ma diversi passi avanti rispetto ai partiti. Insomma, partiti e uomini di partito devono impegnarsi per dimostrare di essere rimasti indietro rispetto all’opinione pubblica. Complicato. Ma le alternative potrebbero essere tutte peggiori della complicazione.

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