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Leghisti per fiction

15/10/2009
PORTE GIREVOLI

Per fortuna, a quanto pare, secondo la critica più sfiziosa il film di Renzo Martinelli "Barbarossa" è venuto maluccio, e quindi è improbabile che possa trasformarsi in un "Braveheart" della Lega Nord. Il regista ha parlato di un Medioevo «sporchiccio, dove si lavavano poco», e l’opera dovrebbe rappresentare proprio questo senso immanente di sporcizia. Una schifezza, insomma. Cosicché, nonostante le attese spasmodiche di Umberto Bossi, e l’impegno profuso da Silvio Berlusconi con Agostino Saccà, nonché i venti milioni di euro di budget (soldi in gran parte pubblici), il film non è riuscito. Flop. Adesso si tratta di aspettare il responso del botteghino, per vedere se l’elettorato leghista si mobiliterà dalle valli al risuonare del sacro nome di Alberto da Giussano. «Milanesi, fratelli, popol mio!Vi sovvien, dice Alberto di Giussano,calen di marzo? I consoli sparuti cavalcarono a Lodi, e con le spade nude in man gli giurâr l’obedienza». Nessuno ricorda più i versi della "Canzone di Legnano" di Carducci, e non vale neanche la pena di segnalare che il Poeta, attraverso la figura leggendaria di Alberto da Giussano, intendeva svolgere un tema fieramente patriottico, a sostegno dell’Italia unita e solidale. Ma che importa: gran parte dell’ideologia storica della Lega è una tipica «invenzione della tradizione», secondo la formula dello storico Eric Hobsbawm, più o meno come il kilt e le cornamuse scozzesi. Quindi non c’è bisogno di precisione storiografica: ciò che conta, semmai, è esaltare l’autonomia dei Comuni contro il centralismo del Sacro romano impero e se si può contro Roma ladrona. E come a suo tempo fu inventata la radice "celtica" dei popoli padani, con i riti pagani dell’acqua raccolta in un’ampolla alla sorgente del Po sul Monviso, a Pian del Re, adesso si tratterebbe di creare una tradizione a partire più o meno dall’anno Mille; mentre fra poco potrebbe venire il momento di una fiction su Marco d’Aviano, nuovo idolo di Bossi. Chi era costui? Era un frate assai carismatico, ascoltatissimo consigliere spirituale e politico dell’imperatore Leopoldo d’Asburgo, che fu incaricato dal papa Innocenzo XI di riunire i sovrani europei contro la minaccia militare, politica e religiosa ottomana. Era la classica missione impossibile, a causa delle gelosie fra i monarchi, ma il frate realizzò il miracolo, e i turchi furono sconfitti dall’esercito cristiano alle porte di Vienna nel 1683, dopo battaglie furibonde, in una delle prime guerre moderne, con cannoni e mine, morti e feriti, stragi ed epos. Come si vede ci sarebbe materia, eccome, e purtroppo, per la fiction di regime. Ecco la sconfitta dei turchi a Vienna come una forma di respingimento verso quei clandestini della Mezza luna, così aggressivi e feroci (vedi la splendida ricostruzione di John Stoye, "L’assedio di Vienna", appena tradotto dal Mulino). Ma se prendesse piede la mitologizzazione della politica contemporanea, non ci sarebbe salvezza per il popolo televisivo. Immaginiamoci che cosa comporterebbe una fiction sulla nascita di Forza Italia, con la santificazione della luminosa figura di Marcello Dell’Utri. Oppure un film sul prodigio berlusconiano della spazzatura a Napoli, o sui miracoli edilizi dell’Aquila. Proprio per questo il sostanziale fallimento estetico e narrativo del "Barbarossa" è di buon auspicio per la salute mentale degli spettatori di tutta la penisola. Dopo i critici cinematografici e televisivi, i politologi faranno il loro dovere deontologico, andranno a vedere il film (distribuito in 250 copie, quindi con aspettative alte), ed emetteranno il loro giudizio. Noi ci auguriamo che le ragioni della critica prevalgano sui motivi dell’ideologia. Se il film è brutto, è brutto. Senza se e senza ma. Le cronache dal Castello sforzesco hanno raccontato di risposte a grugnito: anche il ministro Maroni non sarebbe riuscito a emettere suoni che noi umani potessimo capire, a proposito del film, tuffando subito dopo la testa nel piatto per evitare approfondimenti pericolosi. Ci eravamo già avvicinati insidiosamente alla cronaca politica, con le fiction su Alcide De Gasperi e sui papi come Giovanni XXIII o Albino Luciani. Adesso è il caso che si ritorni a film televisivi di intrattenimento, senza troppe intenzioni politiche. Anche inventare la tradizione è un mestiere difficile, e non è il caso di metterlo al servizio della politica politicante. Quindi "Barbarossa" addio, grazie al cielo. Qualche volta, anche i fallimenti aiutano.

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