gli articoli L'Espresso/

L’incredibile Re silvio

06/11/2008

Gli effetti del Circo Massimo si faranno sentire per qualche tempo soprattutto in casa del Pd, perché il successo dell’iniziativa sgombra il cielo dai nuvoloni più neri. Almeno per il momento non è più in gioco la sopravvivenza o la disintegrazione del partito. Ma il destino del Pd non dipende soltanto dal 33,1 per cento dei suoi voti, dal risultato delle elezioni provinciali in Trentino e alle regionali in Abruzzo, e infine dalla soglia che otterrà l’anno prossimo alle elezioni europee. Il problema è sempre lo stesso, vale a dire: il Pd ha un potenziale di sviluppo che possa portarlo a essere competitivo con il partito di Berlusconi oppure rischia di essere la «minoranza strutturale» di cui ha parlato Massimo D’Alema? Fino a qualche giorno fa la risposta era virata sul pessimismo. Da una parte si vedeva un Pd mortificato dall’assenza di spinta politica, ancora sotto l’effetto della dura sconfitta elettorale dell’aprile scorso, dall’altra si osservava l’euforia del Pdl, con i sondaggi alle stelle per il premier, che non esitava a gigioneggiare fingendo preoccupazione: «I nostro sondaggi sono perfino imbarazzanti…». È cambiato qualcosa? Certo, è cambiato qualcosa. Il mondo non è fatto soltanto da Renato Brunetta e da Mariastella Gelmini; è fatto anche dagli impiegati pubblici, controparte di Brunetta, e da studenti, genitori, insegnanti, ricercatori, docenti, cioè gli interlocutori della Gelmini. Per esempio, benché il movimento che ha aperto le danze contro il ministro dell’Istruzione sia articolato, e contraddistinto da finalità assai differenziate al suo interno, i contestatori hanno toccato punti che hanno cominciato a sgonfiare i palloncini colorati della Gelmini. I riflessi sul consenso al governo si sono fatti sentire. È troppo presto per dire, come arrischia qualcuno, che la luna di miele è finita: tuttavia i sondaggi cominciano a registrare una prolungata flessione del consenso dell’esecutivo, e una crescita consistente dei giudizi negativi nei suoi confronti. E questo induce a valutare con maggiore attenzione critica i sondaggi su Berlusconi. Era infatti poco credibile che il governo da lui presieduto potesse godere di tanto favore mentre una crisi pesantissima si è abbattuta anche sulla società italiana, e mentre le prospettive per la nostra economia appaiono inquietanti. Probabilmente c’è da distinguere tra il favore verso Berlusconi e il consenso al suo governo. Il premier è un talento mediatico che ripulisce Napoli, si arma di ramazza per strada, risolve i problemi dei "subprime" e fila al Bagaglino, si infila in discoteca fino alle quattro e mezzo di mattina, si intrufola in una sede del Pd e scherza con i militanti, vola in Cina, sistema i cinesi e torna. I suoi ministri invece devono fare i conti con le reazioni concrete alle loro iniziative. E allora, può darsi che il Re Silvio sia vissuto dall’opinione pubblica come una specie di prodigio naturale, una presenza inspiegabile, un miracolo da ammirare o un problema da sopportare come una volta si sopportava la Dc. Ma il suo governo non deve soltanto produrre fenomeni pop, fuochi artificiali, paillette. Dovrebbe anche cercare di gestire un presente e un futuro di impressionante difficoltà, che non può essere addomesticato con gli slogan e le furbizie mediatiche. Anche se il Pdl ha le idee chiare, e punta a crearsi una base elettorale strutturale, cioè un blocco di consenso permanente, la situazione si sta complicando. La modernizzazione restauratrice funziona negli annunci, ma è molto dubbio che abbia successo nella realtà. Negli ultimi giorni Berlusconi si è incattivito, si è stizzito per le critiche, ha denunciato gli attacchi dei «facinorosi». Le cose vanno male. Per un po’ Re Silvio si presenterà come l’unico argine contro la tumultuosa forza degli eventi, il sovrano che paternamente protegge i sudditi con il suo impegno straordinario. Ma poi qualcuno comincerà a pensare (anzi, molti hanno già cominciato) che sarà un caso, ma ogni volta che il premier prende il bastone del comando l’economia va in picchiata. Come diceva quella storiella su Napoleone che prediligeva i generali fortunati? Ecco, Berlusconi ha tutte le doti del mondo, ma è un uomo abituato a gestire le fasi di sviluppo e di successo: trovarsi nella tempesta economica e nella crescita sottozero non è il suo mestiere. Quando le cose vanno male si può mentire al popolo oppure promettergli «sangue, sudore, fatica e lacrime». In quest’ultimo ruolo, Re Silvio non è credibile. Le bugie, si sa, hanno le gambe corte. A occhio, la favola bella che ieri illuse l’Italia sta per fare i conti con la realtà.

Facebook Twitter Google Email Email