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L’industria s’è destra

09/05/2001

A Parma, assise di Confindustria, un trionfo per Berlusconi. A Roma, davanti agli imprenditori, una serie applauditissima di colpi di cabaret. E nell’illuminata Torino? A Torino il più internazionale, il più aristocratico, il più sofisticato leader dell’economia italiana, Gianni Agnelli, corruga le sopracciglia per le critiche della stampa straniera al candidato del centrodestra. Grandi e piccoli uniti nel via libera alla Casa delle Libertà? Qualcosa è cambiato negli atteggiamenti della Torino agnelliana, e questo mutamento va connesso alle pulsioni della base imprenditoriale. È possibile che il punto di svolta abbia coinciso, un anno fa, con la sconfitta di Carlo Callieri alla guida della Confindustria: dietro la ferita e le conseguenti sprezzature dell’Avvocato («Hanno vinto i berluschini») si dev’essere fatta strada l’idea che era cominciata una sorta di ribellione delle élite. In sostanza, che la vittoria di Antonio D’Amato fosse solo il sintomo di un fenomeno più profondo: l’affermarsi di un ceto dirigente, contiguo al berlusconismo, svincolato dai galatei di potere tradizionali. Il profilarsi di una perdita di egemonia è mal tollerabile per l’istituzione Fiat. Si aggiunga la delusione per quella che viene giudicata dal Lingotto l’inconsistenza attuale dell’Ulivo, a cui era stata concessa una fiducia a tempo per riformare l’economia senza conflitti sociali. Se la maggioranza degli imprenditori considera il Cavaliere come un eroe di categoria, la pur scettica filosofia torinese non contempla croci e delizie dell’opposizione. Se occorre, la portaerei Fiat comincia a ruotare, offrendo il fianco al male minore. Ieri era la sinistra, domani potrebbe essere la destra. Passando sopra al dubbio che il fare di necessità virtù sia una strategia imposta dalle circostanze: e che per la prima volta la leadership pos – sa passare agli outsider.

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