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L’ombra di Prodi

24/05/2001

Scene da una campagna: gli ulivisti guardano dati, controllano sondaggi, si scambiano timori e speranze. Poi c’è sempre uno che si stringe nelle spalle e chiede: ma che ne pensa Romano? Niente, Prodi tace. Fin troppo automatico attribuire il silenzio al suo ruolo istituzionale. In effetti da Bruxelles filtrano solo valutazioni smorzate e mezze frasi. Eppure l’ombra del Professore incombe sul dopo-elezioni. E non solo perché il risultato imporrà comunque un ridisegno del centrosinistra. Queste sono faccende da risolvere dentro i confini della provincia, lasciando che la politica faccia il suo corso. La partita vera è rimandata. Perché nella percezione di Prodi il voto del 13 maggio ricalca ancora, probabilmente per l’ultima volta, il profilo di una questione interna. Mentre l’appuntamento cruciale è fissato più in là, allorché lo scontro non sarà più tra fautori della "libertà" e "comunisti", ma su temi esplicitamente europei. L’adozione dell’euro dilaterà la dimensione politica dell’Unione, e a quel punto le scelte di carattere sovranazionale risulteranno molto più stringenti di quanto non siano state sentite finora dall’opinione pubblica italiana. I segnali provenienti dalla Casa delle libertà prefigurano già linee di virtuale conflitto politico: l’antieuropeismo di Umberto Bossi, una certa velleità paragollista di An, le posizioni "americane" sull’accordo di Kyoto espresse da Silvio Berlusconi, le critiche all’allargamento manifestate da Giulio Tremonti prospettano un centrodestra incline alla relativizzazione dell’Unione europea. Quindi in prospettiva il confronto potrebbe svolgersi fra due contrastanti idee di Europa: e a quel punto Prodi, con alle spalle il consenso raccolto a suo tempo sull’adesione alla moneta unica, e l’esperienza alla guida della Commissione, sarebbe il punto di riferimento ideale, à la Delors, per ispirare e pilotare l’Ulivo di formato europeo.

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