gli articoli L'Espresso/

Ma dietro l’angolo c’è il Caimano

08/06/2006

Ve lo ricordate? Che cosa c’è dietro l’angolo, chiedeva il sor Costanzo, personificazione dell’italiano popolare, sapiente furbacchione che fa il povero fessacchiotto per non pagare dazio. «Sono stato un cretino», confessò allora a Giampaolo Pansa, quando venne fuori la storiellina della P2, e riuscì ad autosdoganarsi, perché nel Paese del Fottere il chiagnere è la premessa obbligata. Comincia forse in quel momento il supremo capolavoro tattico di Maurizio Costanzo, che raggiunge il suo apice allorché l’uomo coi baffi riesce a diventare il vero punto di equilibrio nel sistema geopolitico di Mediaset. Perché in una costellazione televisiva "scesa in campo" con il Cavaliere, Costanzo ce la fa miracolosamente a impersonare un prodigioso, rocambolesco gioco acrobatico fra la destra e la sinistra. Sinistro lui, perché nella sua mappa deve avere stabilito, a fiuto, a naso, che in Italia non si governa senza un rapporto o una mediazione con la sinistra. E di conseguenza è stato in grado di allestire una rete di relazioni in cui la sua figura si è posta come un punto di riferimento dentro l’universo mediatico berlusconiano. Capacissimo di dialogare con Berlusconi da posizione bonariamente frondista, ma evidentemente complice, e intimamente convinto molto prima di Nanni Moretti che il Caimano ha già vinto, anzi stravinto, cioè ha egemonizzato le coscienze, è penetrato nei cuori e nelle menti degli italiani: e dunque diventa più che mai necessaria una figura come la sua, lui che è prontissimo a interpretare la sinistra televisiva dentro la tv della destra. Con alcune manovre altamente spettacolari, che lo qualificano come un Clausewitz romanesco: come quando lancia l’idea del "terzo polo" televisivo, insieme con l’altra star della riva pubblica, Michele Santoro. E con la convinzione totale, ma vera solo parzialmente, che il potere è la televisione. Cioè che alcuni sfortunati (Silvio, Massimo) sono costretti a sporcarsi le mani con il governo, ma l’élite vera, il potere vero, sono rappresentati in realtà da chi governa il mezzo televisivo. Seppure con fortune via via declinanti, il giochetto dura a lungo. Nel momento delle peggiori batoste della sinistra, Costanzo può criticare il fallimento politico ed elettorale ascrivendolo all’imperfetta conoscenza dello strumento televisivo da parte dei leader sconfitti. Ma di fronte ai poveri vinti si mostra come un garante possibile, un nodo strategico, un ambasciatore potenziale. Ammaestra quindi gli inadatti, fornisce decaloghi per migliorare l’apparenza, depreca chi non riesce a bucare il video. Sicuro che al momento buono, anzi cattivo, la sinistra dolorante dovrà rivolgersi a lui per trovare un contatto, un’apertura, l’abbozzo di un dialogo. Adesso sembra che la corda si sia spezzata. Succede sempre così quando entrano in scena i rapporti di forza veri: e dal momento che il Caimano ha deciso che le Italie sono due, divise da un fronte non permeabile, non c’è più spazio per le terze forze, le terze figure, le diplomazie personali. O con noi o contro di noi, ha stabilito Berlusconi. E quindi anche le famiglie si adeguano, riconoscono la quinta colonna e la esorcizzano con un paio di interviste: d’altronde lo si sa che se basta una dichiarazione di John Elkann per liquidare il superpotere di Luciano Moggi, sarà sufficiente il giudizio di una ragazza Berlusconi per rivelare chi veramente possiede il potere e chi invece agita solo ombre. Insomma, quando il gioco si fa duro, con quel che segue. Adesso bisognerà vedere se il talento drammaturgico del sor Costanzo lo indurrà a cambiare parte, a passare nuovamente nel ruolo della vittima. Parte nobile, quella della vittima politica, che si presta a un feuilleton virtualmente infinito. Anche se c’è da scommettere che in queste ore, un po’ scioccato, Costanzo starà pensando che, non voglia il cielo, potrebbe essere caduta su di lui, rovinosamente, la malattia che provoca la sparizione, la deprecata sindrome Funari.

Facebook Twitter Google Email Email