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Ma la pace non ha vinto

07/10/2004

Occorreva esorcizzare ogni giorno l’orrore possibile, l’eventualità che un sito jiahdista infilasse sul Web un filmato con la decapitazione di Simona Pari e Simona Torretta. Si era già visto che i carnefici iracheni erano stati capaci di annichilire le differenze politiche, oltre che le vite umane, uccidendo allo stesso modo uno sconosciuto contractor come Fabrizio Quattrocchi e un no global come Enzo Baldoni. E quindi non c’erano molte teorie razionali in grado di rassicurare tutti noi sulla sorte delle due ragazze italiane. Per questo la liberazione delle due volontarie di Un ponte per… è stata accolta da un diluvio di solidarietà festosa, ampiamente comprensibile e giustificata. Per qualche aspetto la salvezza di quelle giovani donne è sembrato restituire una dimensione di razionalità a una realtà, quella irachena, in cui alla catatonia strategica degli anglo-americani si oppone la violenza stralunata dell’islamismo omicida. Tuttavia c’è da mettere a fuoco anche il lato politico domestico di questa vicenda. Nella fulminea conferenza stampa con cui ha salutato la felice conclusione del sequestro, Silvio Berlusconi ha ringraziato l’opposizione per l’esercizio di una sorta di solidarietà nazionale. La misura del capo del governo è stata praticamente perfetta. Anzi, è stata l’espressione più persuasiva del "nuovo" Berlusconi, prudente, suadente, non conflittuale, che a una parola in più preferisce una parola o due in meno. Dopo di che è stata la volta dei portavoce, come Sandro Bondi, che hanno cominciato a parlare del «nuovo clima politico» che si è creato. E qui si avviano i fraintendimenti. Non c’è nessun nuovo clima politico. Sul caso specifico, Ignazio La Russa non ha mancato di prendersela a caldo con quella parte di opposizione che aveva chiesto la sospensione dei bombardamenti in Iraq. E sul piano generale, sarebbe peggio che sciocco, sarebbe ingannevole favorire qualsiasi convincimento che l’appoggio dell’opposizione al governo sul caso delle ragazze sequestrate possa significare un sostegno che si estende anche alle scelte generali del governo e alla sua politica di alleanze. Meno che mai, un appoggio che si trasferisce anche alla politica generale del governo tout court. C’è una dignità nella vita collettiva che consente di gioire per la liberazione di due giovani donne, che hanno messo a rischio la loro esistenza nell’inseguire un sogno di pace; ma questa stessa dignità impone di non dissolvere le differenze nel volemose bene. Tanto per dire, mentre l’Italia intera festeggia la liberazione di Simona e Simona, la maggioranza sta votando la "sua" riforma costituzionale, con una perfetta e incomprensibile ostinazione unilaterale. Ancora, non appena sarà finita la festa nazionale, sarà un dovere politico ricominciare a discutere l’adeguatezza della politica estera del governo italiano. Insomma, c’è una durezza della politica che va rispettata. Nel Medio Oriente sta andando in onda una tragedia. Una minaccia terroristica senza precedenti incombe sul mondo contemporaneo. C’è una larga corrente islamica che giustifica la guerra di civiltà, suscita le inquietudini più profonde e induce a scelte concretamente drammatiche. Sotto questa luce, un sospiro di sollievo è esattamente ciò che è: un sospiro di sollievo e niente di più. Non è la vittoria della pace contro la guerra. Non è la dimostrazione dell’efficienza dell’esecutivo e delle straordinarie capacità del «dottor Gianni Letta», come argomenta puntigliosamente Berlusconi. Non è il successo della bipartisanship. Non è il successo della fermezza, del "non si tratta con i rapitori", dato che trattativa c’è stata. È un episodio che per un attimo inonda di luce una terra desolata. Nel filmato della liberazione, trasmesso da Al Jazeera, le due ragazze sollevano il velo, sorridono, così come sorride il commissario della Croce rossa, Maurizio Scelli. Sorridono tutti, sullo sfondo di un paese disperato, e che ha un disperato bisogno della nostra capacità politica, della qualità dell’Occidente, non solo dell’umanitarismo, delle buone parole, del sollievo e degli applausi di un’Italia lontana.

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