Se vi piace la tv del conforto, non guardate la televisione di Riccardo Iacona. Uno della squadra di Michele Santoro. Marxista-leninista, o giù di lì. Un tipo che un paio di stagioni fa ha realizzato un programma effettivamente della madonna sugli sfigati-guardoni che vanno a vedere vip e semi-vip, star e starlette, parassiti e squinzie a Poltu Quatu e a Porto Cervo, sperando di incrociare Briatore o almeno Smaila e Alessia Merz. Programma "epocale", come amano dire gli sfigati di oggi. Adesso il marx-leninista ne ha combinato un altro, di programmi, dal titolo sarcastico "W il mercato" (è andato in onda il 3 gennaio in prima serata su Raitre). Reportage durissimo, hardcore giornalistico, roba da stare male e da rovinare psicologicamente l’anno appena incominciato. Storia di un pomodorino seguito nel suo percorso di ricarichi, a partire dal prezzo irrisorio alla produzione fino allo squillante prezzo finale. I coltivatori del Ragusano strozzinati dai ras, quelli che "fanno" il mercato, che minaccianno di delocalizzare gli acquisti nel Maghreb. Chi ha del mercato un’idea accademica, quella che insegnano all’università, sarà rimasto infastidito dalle urla e dalla disperazione delle donne siciliane, o dalla rabbia urlata e rassegnata degli "imprenditori agricoli" proletarizzati. Certo, la radicalità di Iacona nasce da un’idea secondo cui il mercato capitalistico è una fonte di ingiustizia. Una concezione deliberatamente vetero, tanto da risultare oggi anticonformista. Eppure nel programma la linea dell’ideologia arretra di fronte alla persistenza ostinata dei fatti. Su "la Repubblica", Sebastiano Messina ha definito un «affascinante racconto neorealista» l’inchiesta di Raitre. Ottima definizione, se si aggiunge che quel fascino deriva dal rilievo dato all’asprezza dell’economia, all’individuazione della violenza nei rapporti "di classe". Sullo sfondo, un’altra faccia dello squilibrio sociale, i milanesi impoveriti che vanno al mercato dell’ortofrutta a comprare cassette invendute a un euro, 18 chili di arance per due soldi. «Che me ne faccio di 18 chili?», si chiede un acquirente, con l’aria di ricordarsi dell’elefante comprato nel suk perché era in offerta speciale. Irrazionalità del mercato, razionalità della televisione pubblica. Buoni ascolti, per questa tv indigeribile, cattiva, "brutta". Televisione d’altri tempi, possibile tv dei tempi nuovi.
20/01/2005