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Non ridete di report

30/10/2008

I critici più alla moda pensano che la televisione sia il nulla: un baluginare di suoni e luci, di exploit, di sketch, scene madri e cavolate assortite. Questa prospettiva analitica è affascinante, e conduce a considerare i programmi sotto unico metro di giudizio: piace, non mi piace, mi fa orrore, fa ribrezzo, sono raccapricciato. Tanto sempre di tv si tratta: marmellata elettronica. Questa concezione realistica, che porta a guardare con altri occhi anche ai programmi cosiddetti di approfondimento, è messa a dura prova dalle performance di Milena Gabanelli con "Report". Chi ha seguito la puntata sull’Alitalia potrebbe essersi chiesto: ma anche questo sarebbe allora puro infotainment, incrocio di generi, televisione quintessenziale al di là dello spessore e della qualità dell’inchiesta? La domanda è complicata, quindi è una buona domanda. Dato alla Gabanelli tutto quello che c’è da darle, vale a dire che dopo una sintesi come la sua, in un paese occidentale moderno qualcuno si prenderebbe la briga di chiudere i protagonisti dell’affare Alitalia-Cai in un carcere tipo Guantanamo, con la pena accessoria di ascoltare tutto il giorno le note di "Guantanamera", ecco, detto questo, la risposta resta tutt’altro che semplice. Il punto centrale dell’inchiesta è quando la Gabanelli, con la sua telecamerina d’assalto, mostra lo statuto della Cai al presidente Roberto Colaninno, dicendogli: si potrebbe mica cambiare l’oggetto dell’attività d’impresa, che a tutt’oggi è "passamanerie". Colaninno scoppia in una spettacolare risata. Stacco. Siamo dentro un reality? Una fiction? Uno show? Alla Gabanelli, ma anche a tutti i gabbati, l’ardua risposta.

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