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Onorevoli e pin up il circo è lo stesso

05/04/2007

Alla fine resterà sempre il dubbio che l’inchiesta del pubblico ministero Henry John Woodcock sia solo un frammento di una realtà assai più ampia. Che siano emersi solo episodi parziali. E dunque che Vallettopoli sia la versione "postpolitica" di Tangentopoli. Allora, anno 1992, lo scandalo politico e affaristico scoperchiato da Mani pulite investiva la classe politica della prima Repubblica, facendo emergere una colossale sindrome distorsiva. Oggi, in un paese più ilare e disincantato, la sequenza di pratiche estorsive, mezzi ricatti o ricatti interi, fotografie e filmati che passano di mano, depositi bancari in nero e soldi che passano di mano per ottenere il silenzio sembra illustrare un’Italia profondamente inquinata. Non è il caso di proporre concezioni ispirate al moralismo. I comportamenti descritti dalle intercettazioni, dai giornali di gossip, dalle istantanee rubate dai paparazzi di Fabrizio Corona, appartengono all’universo effettuale e simbolico dell’Italia contemporanea. Non ci voleva una capacità sociologica straordinaria per capire che dietro l’affresco quotidiano, futile e divertente, di Dagospia, poteva esserci una caduta dei codici comportamentali collettivi. E dunque non desta nessuno stupore il fatto che le vicende private dei protagonisti del caravanserraglio di Vallettopoli lambiscano la politica. Basta frequentare un paio di ristoranti romani e due location dell’intrattenimento mondano milanese per riscontrare che il mondo delle show girl e del potere si sfiorano, si toccano, ammiccano l’uno all’altro. Una passeggiata nei corridoi televisivi consente di raccogliere una ricchissima messe di pettegolezzi, tale da far sfigurare le disavventure della Gregoraci di turno: una raccolta di aneddoti e voci che dimostra come piacere e potere si sono intrecciati in una sorta di via sudamericana alla politica. Sicché non ha sorpreso nessuno che l’uomo più potente d’Italia, Silvio Berlusconi, abbia accettato di ritirare dal mercato le foto della figlia Barbara, sorpresa in pose esteticamente ineleganti all’uscita di una discoteca. Qualcuno ha chiesto spiegazioni? Qualcuno ha criticato pubblicamente il fatto che l’ex capo del governo abbia accettato la richiesta di un pagamento per salvaguardare il carisma di famiglia? No, mezze parole, sorrisi e sorrisetti, il solito tritacarne dei rumour e dei commenti, con l’esito scontatissimo della pubblicazione di alcune immagini evidentemente innocue su un settimanale di proprietà. Il messaggio che è stato diffuso in queste ultime settimane alla fine risulta piuttosto semplice. Tutti sono sotto osservazione, per tutti c’è un teleobiettivo e una galleria di foto sgranate. Di conseguenza tutti sono in varia misura ricattabili. Anche se non si sa qual è il prezzo autentico del ricatto. Lo scatto che fissa per sempre la Volkswagen Touran di Silvio Sircana, portavoce del governo secondo il penultimo dei dodici punti «irrinunciabili» di Romano Prodi, provoca un vistoso caso politico: qualcuno immagina dietrologie, congiure, macchinazioni, strumentalizzazioni degli avversari. Anche la costruzione di dossier sul modello dei Tavaroli boys. Ma qual è il risultato concreto dello scoop, ammesso che si possa definire tale? Semplicemente un ulteriore indebolimento della credibilità della politica. Ci vuole poco a intuire che se era stato sufficiente l’avere colto con le mani nel sacco il «mariuolo» Mario Chiesa per fare esplodere la crisi della Repubblica dei partiti, oggi il dilagare del pettegolezzo sessuale provoca comunque, attraverso continui choc mediatici, una crisi di fiducia. Legge elettorale, modificazioni costituzionali, politica economica, partito democratico, tutto passa in secondo piano. Ciò che conta nella sfera pubblica è soltanto la mondanità erotica, in tutta la sua varietà. Tanto più che ormai il gossip non ha nemmeno più bisogno delle prove, o degli indizi, provenienti dai verbali degli interrogatori o dalle testimonianze: è sufficiente, come nel caso di Clemente Mastella, il "flatus vocis" che parla di festini su uno yacht, nel clima del "sex and drugs", con l’allusione a «un politico di primo piano», per liberare la caccia al protagonista. Con il risultato che il panorama politico tende a confondersi con la scena dell’intrattenimento. Presunte show girl, sedicenti soubrette, cioè vallette, veline, letterine, schedine, abituate al modesto cachet dell’ospitata televisiva, diventano la fauna di una mondanità in cui un calciatore vale quanto un esponente politico, almeno al fine di uno scatto galeotto. Con il complemento che non troppo di rado il calciatore, nella sua psicologia vecchio stampo, sposa la velina, la finalista di Miss Italia, la ragazza immagine da salotto televisivo; oppure, come nel caso di un idolo delle serate milanesi come il centravanti Bobo Vieri, succede che l’attaccante rifiuta le pratiche estorsive dicendo: sono single, faccio la vita che mi va, delle fotografie fate quello che vi pare. Mentre per la politica non ci sono troppi rimedi: se si diffonde la convinzione che i rappresentanti del popolo si dedicano soprattutto alle notti brave, la sovrapposizione fra l’universo delle istituzioni e quello dell’intrattenimento sfrontato rischia di essere distruttiva. Vallettopoli insomma sarebbe un caso minimale se non si collocasse in uno sfaldamento dei comportamenti, e in cui ciò che dovrebbe restare privato o almeno ufficioso diventa ufficiale e pubblico. Sotto questa luce, la sensazione che l’ambiente della politica possa godere di una specie di extraterritorialità, se non di impunità, da considerare comunque con indulgenza, sancisce una distanza antropologica fra due società. C’è la comunità del glamour, a cui tutto è consentito, dal livello minimo delle feste sull’isola, soubrette e vulcani compresi, fino alle bravate in un ambiente privato che non è più vigilato da nessuna privacy, e quindi diventa pubblico, in una clamorosa e irridente parodia del principio degli anni Settanta (il personale è politico). E sull’altro versante c’è una audience di spettatori passivi, coinvolti nel piacere vicario del gossip. Insomma, non siamo più nel contesto più o meno blandamente ricattatorio del favore sessuale in cambio della scalata professionale. Non si tratta solo di pratiche che coinvolgono favori, concessioni, prestazioni, molestie respinte o accettate. C’è un’Italia guardona che assiste stranita al crollo degli standard, con un effetto di normale, fisiologica, inevitabile decadenza. Nonostante i tentativi anche goffi di circoscrivere la malattia, come i provvedimenti emanati dal garante della privacy Franco Pizzetti, l’esito sarà un’identificazione perfetta tra la classe politica e la società civile. Tra gli spiati e gli spioni. Tra i fotografi e i fotografati. Sono i nuovi fratelli d’Italia, divisi soltanto fra chi offre lo spettacolo, chi lo mette in scena, e una immensa platea che osserva la commedia. Senza applaudire e senza scandalizzarsi, ma in una condizione di atrofia del giudizio che sembra più grave di un verdetto collettivo di condanna. n

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