Non è che tutti noi siamo passatisti. Tuttavia abbiamo una sana nostalgia verso il tempo in cui le cose erano chiare. Quando "Novantesimo minuto" era "Novantesimo minuto", nella sigla c’era quello che si mangiava le unghie, in un quarto d’ora uno vedeva i gol e si toglieva il pensiero. E dunque c’è da essere grati a Marco Giusti, il quale ha raccolto per Mondadori "Il meglio di 90° minuto", libro e dvd. Il libro è una fonte preziosa, dove si possono ritrovare le battute di Ferruccio Gard, l’uomo che Paolo Ziliani paragonava a Nosferatu: «La squadra capitolina ha evitato di capitolare»; oppure i refusi di Giorgio Bubba: «Questa rovesciata di Vialli è potentissima, sembra un bomba al Nepal». Come ricorda Giusti, "Novantesimo minuto" comincia il 27 settembre 1970 alle 18, su Raiuno. Ideato e curato da Maurizio Barendson, Paolo Valenti e Remo Pascucci. Destinato a diventare un frammento del costume nazionale. Perché nel contenitore di quel programmino si rivelò l’essenza della tv, il suo essere teatro dei folli, vascello dei matti, enclave della demenza formalizzata in personaggi, maschere e freaks. Basta vedere scorrere le figure di Giorgio Bubba e di Tonino Carino, del riportato Franco Strippoli e di Luigi Necco, di "Gianduiotto" Cesare Castellotti, del belloccio Giampero Galeazzi e di Gianni Vasino, per capire che la televisione del futuro è nata in quel passato calcistico, dove i sunnominati hanno inventato un genere, ma soprattutto hanno spiegato che in tv, per apparire, ci vuole la dismisura, per "bucare" occorre un quid di mostruosità. L’unico apparentemente normale, in quella domenicale commedia dell’arte, era proprio il conduttore principale, Paolo Valenti, stile e dignità stranianti: «Una vera e propria papera non direi che mi sia capitata in tanti anni di carriera. Tuttavia debbo ricordare la mia prima radiocronaca, mentre ancora frequentavo il corso. Era una corsa di bighe allo stadio dei Marmi. Feci una radiocronaca drammatica che venne giudicata bellissima. Senonché commisi questa piccola omissione: dimenticai completamente di dire chi avesse vinto. Vittorio Veltroni mi accolse così: «Stupendo, la cronaca mi ha trascinato. Ma scusami, mi puoi dire adesso chi ha vinto?». A vedere quanto erano giovani e bravi Necco e Carino, Marcello Giannini da Firenze e Piero Pasini da Bologna, non si capisce perché alla fine la Rai capitolina ha dovuto capitolare.
29/12/2006