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Premere o non premere?

18/01/2001

Il pollice che sfiora il pulsante: premere o non premere? Premere: off. Si spegne il mondo, con il buio del display. Ma ogni mezz’ora riaccendere e verificare se ci sono messaggi. Ci sono quasi sempre. Involontaria delusione se invece no. Ri-off. Ah, l’Io diviso. Eliminare dal desktop il remote access del pc per evitare l’idea di connettersi. Solo una volta al giorno, si giura, per controllare la mail. Però ci arrivano dentro i titoli del "New York Times", e i consigli finanziari (anche una bambolina sexy da un sito di Hong Kong: boh). Eppure la promessa era stata di evitare la curva in tempo reale del Nasdaq. Già, ma se poi l’indice si impenna? Se collassa? Se rimane flat? Se torna la old? Non importa se ci si è già rifugiati nei Bot: nei grafici c’è online il turbocapitalismo di Luttwak, il landing Usa pilotato da Greenspan, le increspature sollevate dal Seattle people. A perdere una seduta si perde il trend. Cresce l’ansia. Il pollice che esita sul pulsante. On. Codice pin. L’icona sul display che dà l’ok. Digito ergo sum, filosofia wap. Ci sono messaggi? Ascoltarli, non ascoltarli… È il solito pirla. Che parla al solito schizofrenico. Non chiamate più. Sgraditi gli sms. Al massimo richiamo io, se proprio mi scappa. Staccare la tv, disdire le piattaforme digitali, gettare il palmare: palliativi. Al massimo, si guadagna il tempo sufficiente per progettare una vita alternativa, eco-compatibile, via dalla pazza mucca. Ma poi, dopo cinque giorni di Arcadia, che si fa nel weekend?

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