Eccola qui, la frittata della proporzionale. Messa in padella, rovesciata come si rovesciano le frittate, e ammannita agli elettori. Un piatto con ingredienti azzeccatissimi per avvelenare la digestione al centro-sinistra. E nello stesso tempo per gettare nel cestino 12 anni di tentata stabilizzazione del sistema politico. Da qualsiasi angolo si guardino le proiezioni di Stefano Draghi, l’effetto è disarmante. Si poteva pensare una legge elettorale scassata, slegata dal criterio di territorialità (altro che federalismo o devolution), ma ci voleva una fantasia straordinaria per inventare un metodo elettorale che sembra peggiore, molto peggiore del proporzionale della prima Repubblica. Poi si potrà discutere se la reinvenzione dell’ombrello, cioè della proporzionale, è stato un crimine o un errore, o tutt’e due. Guardando i numeri, sembra un congegno perverso, fatto apposta per schiacciare il risultato verso il pareggio, per ammorbidire il risultato nelle aree dove le maggioranze sono più pronunciate, con il premio di maggioranza alla Camera che è una trovata per fingere di puntare ancora sul bipolarismo. In cambio bisognerebbe digerire quella cosa tremenda che sono le liste bloccate, gestite da un’oligarchia: manca solo che si chieda al popolo sovrano di votare per liste di incappucciati. Ma si sa che il problema stridente è al Senato. E qui la domanda se si tratti di crimine, errore o entrambi pende insidiosamente verso l’idea che si sia trattato di un errore (quindi peggiore di un crimine, secondo una nota scuola). Perché anche i numeri di Draghi dimostrano che la trovata del premio di maggioranza regionale, escogitata per sfuggire a un rischio di incostituzionalità della prima stesura, può determinare risultati caotici, ma tendenzialmente sterilizza la possibilità che una coalizione vinca con numeri sufficienti per governare efficacemente. Di recente Giuliano Amato ha detto: «Si discute sul fatto che la legge elettorale sia costituzionale o no, e nessuno dice che è una baggianata». Adesso si aggiunge un’ulteriore problema costituzionale, perché in una legge scritta con i piedi ci si è accorti che gli elettori della Val d’Aosta e gli italiani all’estero non contribuiscono alla formazione del premio di maggioranza: dunque ci sono elettori il cui voto vale meno. Si sostiene che l’errore sia rimediabile, ma il timore a questo punto è che si rimedi con un altro errore. Ma il punto fondamentale è che se un sistema non favorisce l’espressione di maggioranze chiare, il pericolo del trasformismo parlamentare è a un passo. Nella Cdl spergiurano sulla fedeltà al bipolarismo, ma che cosa succederà se al Senato non si avrà una maggioranza nitida? Qualcuno giurerebbe sulla tenuta degli schieramenti? La realtà è che questo sistema elettorale sembra fatto apposta per generare, non subito ma presto, una coalizione centrista che vinca anche con un risultato modesto (35-40 per cento). Per evitare questo rischio occorre che l’Unione trasformi le elezioni del 2006 da proporzionali a maggioritarie, Prodi contro Berlusconi, centro-sinistra contro centro-destra. Poi si potrà procedere a buttare via la legge canaglia, o legge guazzabuglio, la legge sbagliata: insomma, occorrerà liberarsi dell’errore e anche del crimine.
27/12/2005