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Quei politici ministri per caso

21/10/2004

Lunedì 11 ottobre, il ministro dell’Ambiente Altero Matteoli è in collegamento con il programma "Nove in punto", condotto da Giuseppe Cruciani su Radio 24. La discussione verte sull’ipotesi del superbollo sui cosiddetti Suv, cioè i fuoristrada, i gipponi, i giganti 4×4. Bello come il sole ottobrino, il ministro dichiara che qualsiasi ipotesi in materia è prematura, che occorrerà studiare gli ingombri, i consumi, i flussi di traffico, il colore delle auto, la fisionomia del proprietario e "quant’altro". Per poi concludere che il problema non sono le dimensioni delle auto, ma le emissioni. Bisogna ridurre le emissioni, dice con aria ispirata il ministro, rinnovare il parco automobilistico nazionale, magari fare come in Germania, «dove le vetture che raggiungono i dieci anni di vita non possono più circolare». A questo punto viene data la parola a un esperto, il direttore di "Quattroruote" Mauro Tedeschini, il quale replica: «Non so dove il ministro Matteoli abbia tratto questa notizia, perché a noi non risulta affatto che in Germania ci sia una norma del genere». A quanto pare, la disposizione non esiste, e ricerche accurate dimostrano che i tedeschi non hanno mai neanche presentato una proposta legislativa in questo senso. Quindi con ogni probabilità il ministro parlava di realtà a lui sconosciute, e di fronte a queste chiacchiere raccolte a cena o in un caffè, per ridurre le emissioni, non è possibile altro che ridurre l’emissione di un sospiro. Matteoli è in buona compagnia, perché come ha raccontato Gian Antonio Stella, un altro ministro della Casa delle libertà, il colto liberista Antonio Marzano, preso alla sprovvista dall’introduzione nella Finanziaria della "shadow toll", ovvero il pedaggio-ombra sulle statali, senza accorgersi che si trattava di una partita di giro (cessione delle strade alla società Infrastrutture e pagamento di un canone d’affitto), insomma un pedaggio virtuale come il governo attuale, ha fatto subito presente che si poteva pensare a forme di abbonamento per gli utenti abituali. Ancora: la sera di martedì 5 ottobre, nel programma "Ballarò", si è assistito a una bellissima lite fra l’economista di Forza Italia e parlamentare europeo Renato Brunetta e il vicepresidente della Confindustria, il torinese Andrea Pininfarina. L’ex socialista Brunetta ha attaccato gli industriali italiani con una veemenza insolita per l’uomo di un establishment che dovrebbe rappresentare il consiglio d’amministrazione della borghesia piazzato ai vertici dello Stato. Voi industriali, ha detto Brunetta con l’aria più ironica del mondo, e via via inclinando al sarcasmo, siete i soliti: volete la libera concorrenza e i sussidi pubblici, la ricerca pagata dallo Stato, l’innovazione con i soldi dei cittadini. Ottimi argomenti se li avesse svolti alla fine degli anni Cinquanta un liberale fautore della battaglia contro i monopoli come Ernesto Rossi, oppure oggi un socialista radicale come Fausto Bertinotti, ma sinceramente sfasati per un esponente della parte politica rappresentata da Silvio Berlusconi, l’uomo che si presentò alle assise confindustriali di Parma dicendo: «Il vostro programma è il mio programma». La realtà è che la classe di governo del centrodestra sta precipitando nel grottesco. Nel contemplare da Salò le disfatte italiane, Benito Mussolini se la prese con «gli italiani, questo popolo di imbelli». In modo analogo, Berlusconi e l’estemporanea classe dirigente che si è raccolta intorno a lui stanno vendicandosi sul loro elettorato. Il capo del governo si lamenta che in Italia, fra questo popolo di ignavi, è l’unico a voler tagliare le tasse. Il suo ministro Siniscalco, che ha ancora il senso della contabilità, inventa un diluvio di tasse. Gli altri suoi ministri e i dirigenti politici della Casa delle libertà tentano affannose spiegazioni di misure incomprensibili, e quindi inscenano bellissime commedie degli equivoci. In questa situazione, il centrosinistra non brilla per iniziativa, diciamo così. Certo che però se uno pensa alle risorse inutilizzate dell’Ulivo, da Enrico Letta a Pierluigi Bersani, da Giuliano Amato a Paolo De Castro, può continuare a pensare che il centrosinistra è una banda di squinternati; ma che in fondo la professionalità dei suoi eventuali ministri è ancora infinitamente superiore a quella dei desesperados della Casa delle libertà.

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