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Ricci e il secolo dei lumini

07/04/2005

Ogni volta che parla, che esterna, che esecra condanna sancisce approva, Antonio Ricci è imperdibile. Situazionista, dicono le didascalie, confondendolo magari con Carlo Freccero, e senza avere prima controllato l’appena ripubblicato saggio di Mario Perniola ("I situazionisti", Castelvecchi editore). Con tutto ciò, qualsiasi cosa racconti, Ricci è memorabile, a partire dalla sua celebre (almeno per noi aficionados della lezione sulla società dello spettacolo di Guy Debord) dichiarazione sui rapporti sessuali prima del matrimonio: «Sono contrario perché fanno arrivare tardi alla cerimonia». Il meglio, naturalmente, Ricci lo dà non appena si mette a parlare del suo ammirevole mostro, la sirena dei boschi, l’usignolo Paolo Bonolis. Perché verso super-Bonolis, verso l’uomo che tutto "bonolizza", nel senso del banale, del "Banalis" e della banalisi (scienza speciosamente patafisica), il ligure Ricci si sente in grado di interpretare per una volta la parte dell’Illuminismo contro l’Oscurantismo. Lo spirito dell’Ottantanove parigino verso la superstizione e la demagogia dei secoli bui. Genova per noi, con quella faccia un po’ così, contro la Roma "de noantri", la società dei magnaccioni, contro "ma che cce freca, ma che cc’emporta". E noi je dimo, e noi je famo. E ha pure ragione, il Riccissimo, dato che le prestazioni di "Banalis" con medium e veggenti risultano alla memoria seriamente inquietanti, facendo molto più secolo dei lumini che secolo dei lumi. Ma nonostante tutta l’ammirazione per uno che nella sua villa rivierasca ha una collezione di cento chitarre, che compongono un paesaggio che vira con euforica nostalgia al beat, sembra francamente impegnativa la sua concezione di "Striscia la notizia". Vabbè, telegiornale alternativo, agenzia della verità contro la tartuferia generale, luogo del disvelamento mediatico, esorcismo popolare ai danni dell’omologazione. Però che dispiacere, pensare che "Striscia" sia l’informazione alternativa. Come se negli exploit di Ricci, da "Drive In" in poi, contasse soprattutto un’intenzione pedagogica, tipo "istruisce e diverte". Chiaro che noi debordiani non vogliamo essere né istruiti né pedagogizzati. Ci piace il Ricci irresponsabile, non il pedagogo di massa. Lasciatelo divertire, se ancora di diverte. Lasciateci divertire, se ci riusciamo. Sulle intenzioni civili, stendiamo un velo. Oppure una vela. O anche una velina.

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