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Romano Prodi il professore precario

23/08/2007

Durante le sue vacanze a Castiglion della Pescaia, Romano Prodi si è infilato in una discussione piuttosto gratuita sull’oro della Banca d’Italia, mentre proseguiva la polemica sulle tasse e l’obbligo dei cattolici di pagarle, dando a Cesare con quel che segue (fra l’altro, è apparsa singolare la posizione assunta dai paolini di "Famiglia cristiana", che hanno sviluppato riflessioni non dissimile da quelle degli evasori più convinti). Eppure, con i soliti limiti del governo e della maggioranza, e fra i consueti ululati dell’opposizione, c’è da dire che Prodi sembra un po’ meno precario di quanto apparisse qualche mese fa. I sondaggi, in tempi vacanzieri, probabilmente non lo dicono, ma il presidente del Consiglio si è leggermente rafforzato. Con questi chiari di luna, questo piccolissimo risultato ha qualche non insignificante effetto politico. In sintesi, il fatto è che Prodi finora è rimasto vittima del più colossale fraintendimento da parte dell’opinione pubblica a cui si sia assistito negli ultimi decenni. Risultati sostanzialmente positivi, comunque siano stati ottenuti, sono stati percepito dai cittadini come una catastrofe. La crescita che Silvio Berlusconi sognava la notte, i conti sotto controllo, la disoccupazione al minimo dal 1992, l’inflazione bassa, i soldi del cuneo graziosamente forniti al sistema delle imprese: sono tutti aspetti che saranno discutibili sul piano della qualità intrinseca, ma che comunque appartengono alla categoria dei dati di fatto. A cui si può aggiungere una politica estera riannodata alla tradizione del paese. E a cui si è sommata subito prima delle vacanze l’approvazione della riforma pensionistica, con l’ammorbidimento dello scalone e una serie di misure che si concreteranno in una certa quota di redistribuzione a vantaggio dei pensionati più poveri. Bene, di fronte a questi elementi, sarebbe il caso che qualcuno, nel governo, riuscisse a spiegarsi con gli elettori. Non si tratta soltanto di un problema di comunicazione, dal momento che il governo ha le sue responsabilità nell’avere penalizzato a forza di tasse proprio i ceti sociali in cui il centrosinistra aveva il massimo insediamento; ma un minimo di informazione coordinata non sarebbe inutile. Anche perché si ha la sensazione che il governo Prodi, la maggioranza e la legislatura non debbano cadere a stretto giro di posta. Nonostante tutti gli annunci di Berlusconi, che promette il crollo dell’Unione a ogni uscita pubblica, e a dispetto di una certa voglia di manovra dalle parti del centro della coalizione di centrosinistra (con Clemente Mastella ringalluzzito dall’idea di un piccolo grande centro capace di condizionare entrambi gli schieramenti e di diventare ipoteticamente risolutivo), non sono ancora emerse ipotesi minimamente convincenti sull’eventuale dopo Prodi. Va da sé che se la sinistra radicale vuole riconsegnare il Paese alla destra non ha che da provocare la caduta del governo: eppure anche all’autolesionismo c’è un limite. Ma soprattutto in questo momento si ha l’impressione che problemi piuttosto seri ci siano anche nel centrodestra. Ernesto Galli della Loggia ha scritto che il vero dominus della coalizione, in assenza di idee altrui, è ancora Umberto Bossi. An va in una direzione ancora imprecisata, verso un destino postdemocristiano, pagando qualche prezzo almeno simbolico e romantico alla destra di Francesco Storace; e Pier Ferdinando Casini invoca larghe intese che nessun altro vuole perseguire. In queste condizioni, Prodi si trova nella condizione ideale per far valere le sue caratteristiche principali. L’ostinazione, la capacità di affrontare i problemi uno alla volta, una pazienza suprema nel gestire la mediazione fra i suoi alleati. Certo, non sono doti su cui si può contare per un recupero straordinario di consenso. Ma in questo momento il centrosinistra ha a disposizione due risorse: una è per l’appunto la tenuta del governo Prodi, che mattone dopo mattone dovrebbe continuare a realizzare pezzi del celebre programma di 281 pagine. L’altra è la nascita del Partito democratico, che con il movimento anche un po’ caotico suscitato dai candidati determina qualche insperato fenomeno di mobilitazione, per ora negli apparati e negli eletti, ma da settempre in poi, prevedibilmente, anche fra i cittadini che voteranno alle primarie del 14 ottobre. Quindi ogni giorno positivo guadagnato da Prodi è un giorno guadagnato anche dal Pd e dal centrosinistra. E viceversa. Contrariamente alle previsioni, può darsi che il Professore e il nuovo partito si aiutino a vicenda. È la fantasia della politica: qualche volta anche le crisi più gravi diventano una leva su cui appoggiare il recupero.

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