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Se cambia il vento

05/04/2001

Specialista nel vincere le campagne elettorali, Silvio Berlusconi aveva vinto a mani basse anche quella del 1996: ma poi il destino cinico e baro gli sottrasse con destrezza il trionfo. Inutile, ai suoi occhi, mettere in conto il migliore rendimento dei candidati ulivisti nei collegi, l’effetto Prodi con il sostegno del mondo cattolico di base, l’erosione della Fiamma di Rauti nei collegi marginali. Per autodefinizione il Cavaliere non può perdere, brogli permettendo: e tutta la campagna 2001 è stata costruita per convincere l’opinione pubblica che non c’è partita. Il "cupio dissolvi" del centrosinistra rappresenta l’altra faccia di questa ventata propagandistica. Da quanti mesi è in atto la corvée masochista? Eppure, disincanto per disincanto, anche l’Ulivo di questa stagione spettrale non è battuto per volontà dei fati. Di sicuro è arduo colmare il divario creato dalla ricomposizione del trust con la Lega. Eppure, anche per scalfire la noia di un match già deciso, Francesco Rutelli potrebbe innanzitutto mettere a bilancio gli incidenti della Casa delle libertà: i giudizi sprezzanti di Indro Montanelli, le guerricciole con i socialisti sfrattati, il fastidio provocato dagli attacchi alla Corte costituzionale, le minacce di occupazione della Rai. Ma non basta: se Rutelli vuole avere una chance, non può contare solo sul disordine nella Casa. E nemmeno sulla timida mobilitazione che si intravede a sinistra, con un rigurgito emotivo che dal basso sembra smuovere il popolo dei delusi. Rutelli deve uscire dalla sua moderazione manierata per argomentare in modi meno ovvi. Non tutta la società italiana è prigioniera di un’egemonia provincial-patrimoniale. Ci sono ceti caratterizzati da una cultura globalista, da consumi evoluti, da comportamenti modernizzanti: perché il vento cambi, Rutelli faccia respirare anche un po’ di brezza parigina.

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