Alla fine, "Non facciamoci prendere dal panico" una mezza sufficienza la prende. Per l’insieme dello spettacolo itinerante condotto da Gianni Morandi, non per i suoi elementi. Smontata in tanti pezzi, la produzione Morandi-Ballandi è piena di pecche. Il monologo iniziale, basato sul dualismo "ce l’ho/mi manca", fiacca ripetizione di "rock/lento", è un trionfo dell’ovvietà, e viene salvato dall’espressività del Gianni nazionale (che qui hanno cercato di incattivire un po’, complice Diego Cugia, di farlo celentaneggiare, esibendone l’età e «le rughe un po’ feroci sugli zigomi»). L’attrice spagnola Esther Ortega non ha i tempi, né comici né brillanti, del varietà, e di solito trasmette gelo: tremenda poi, da Forlì, la gag presunta in cui si apre la giacca e mostra una cintura esplosiva da martire islamista solo per dire basta all’esibizione di un gruppo di spettacolari oche giulive guidate da Paul Sorvino. Eccetera eccetera. Il momento migliore della seconda puntata dello show è stato quando è apparso un faccione che sembrava quello di un imitatore dilettante di Silvio Berlusconi, e invece era nientemeno che Paul Anka (di cui non si riesce più a parlare senza ridere dopo l’aneddoto raccontato da Iva Zanicchi: in un teatro emiliano, il presentatore sta cercando di intrattenere la platea nell’attesa di Paul Anka, che è in tremendo ritardo; ma dopo due ore, stremato dall’ennesimo spergiurante «stiamo aspettando Polànka, sta arrivando Polànka», uno spettatore inferocito sbotta: «Polànk’ander a caghèr!»). Lo spettacolo regge quando c’è lui, Morandi, con le sue canzoni vecchie e nuove. Quelle nuove, mica un granché: ma come si fa, dopo oltre quarant’anni di carriera, gli studi di contrabbasso, l’abitudine quotidiana alla musica, a non capire se un pezzo è buono o no? Ma insomma, averne, di protagonisti così professionali, anche quando si infilano in discorsi da supercazzola sul Viagra o sui matrimoni gay. Pollice verso, invece, sui duetti virtuali in bianco e nero con i cantanti che furono, per i quali va riesumata (in senso letterale) la storica definizione di Aldo Grasso relativa ai programmi di Paolo Limiti («Un karaoke dall’oltretomba»). Effetti mortali con Giorgio Gaber, Lucio Battisti, Anna Magnani. Ottimo invece un duetto reale con Francesco De Gregori. Comunque, il pubblico applaude appassionatamente i vivi e i morti, e forse il messaggio del programma è proprio lì.
19/10/2006