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Senza pudore

05/06/2008

Dopo quattro anni di programmazione e la bellezza di 300 puntate, "Markette" ha chiuso bottega. Il programma de La7, condotto da Piero Chiambretti, nasceva da un’intuizione legata a una specie di ecologia della televisione: si trattava di mostrare esplicitamente ciò che di solito veniva lasciato intendere per allusioni: la marchetta, appunto. L’ospite con il libro in mano, il regista con il film in uscita, il cantautore con il disco in promozione e l’ugola pronta a intonare il prossimo hit: prima di "Markette" era tutto un mamì e mamù, un finto pudore, una dissimulazione disonesta ma colorata di verecondia: vedi caso abbiamo qui il famoso giornalista televisivo che ha pubblicato il libro annuale sulla politica e il rock’n’roll. Lui si vergogna a farlo vedere, ma noi no, noi no! E gli facciamo una pubblicità sfacciata! E lui arrossisce! Un vero professionista! Invece, "Markette" ha messo la marchetta in primo piano, con i maxischermi che inquadravano le copertine e i manifesti del prodotto da piazzare, e il marchettista sul trono. Le barriere sono cadute, i veli si sono dissolti. L’anima vera e l’anima nera della tv sono state esibite al popolo. Tanto è vero che la "lezione" di "Markette" ha fatto rapidamente proseliti, facendo evaporare le ultime finzioni. Anche il programma di Fabio Fazio, tanto per dire, esempio di televisione che ambisce alla cultura, si è divertito a mettere in primissimo piano gli ospiti, sottoponendo agli spettatori il dubbio supremo: la marchetta a fini culturali è moralmente superiore alla marchetta a fini commerciali? Se lo si chiedesse a Chiambretti, la risposta sarebbe classica: la tv è la tv, bellezze.

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