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Ma il lavoro è ancora tutto da fare

27/11/2003

Il volto del parroco, della mortadella, del dossettiano, contro la faccia dell’antipolitico, del populista, del magnate prestato al Palazzo. Vecchia storia: Prodi contro Berlusconi è un remake dieci anni dopo, con i due protagonisti assimilabili ai duellanti di Ridley Scott. Vince Prodi? È il postulato dell’ottimismo ulivista. Il Cavaliere si è incartato nei suoi contratti miracolistici, mentre il Professore se ne torna ancora piuttosto vergine da Bruxelles, testimone vivente di come il centro-destra abbia dissipato l’eredità dell’azione europea da lui realizzata in coppia con Ciampi. Hanno provato a incastrarlo, "Mortad.", con Telekom Serbia, rastrellando rottami di P2 e brasseur pronti per l’uso. Non ha funzionato. E il confronto politico a questo punto non avverrà fra due immagini, il sorriso di Berlusconi e la bonomia presunta di Prodi. Si misureranno due Italie, due establishment, due élite culturali e politiche. Al momento buono si metteranno muro contro muro due proposte di governo, e i mondi al loro seguito. Da questo punto di vista Prodi è avvantaggiato perché rappresenta ancora adesso l’alterità assoluta: "L’Europa: il sogno, le scelte", cioè un programma ancora virtuale, tutto da precisare. Mentre Berlusconi è impicciato con il Ponte che non si fa, le tasse che non calano, i condoni estemporanei, la creatività celibe di Tremonti, la ripresa che è un miraggio, una questione salariale resa silenziosamente drammatica dall’inflazione non controllata. Più che il tratto vincente del prodismo, il responso del sondaggio sembra mostrare la delusione procurata dal governo. Non è un’ovvietà, è l’abbozzo di un’offerta politica: quando sarà ora, da una parte si dovrebbe vedere la compagine dei Bersani, Amato, Enrico Letta, e sullo sfondo dei Padoa-Schioppa e dei Profumo; dall’altra parte, una "band" con i Previti, gli Schifani, i Bondi. Non si tratta di un verdetto anticipato sulla superiorità antropologica dell’Ulivo: piuttosto è l’anticipazione di come dovrà essere condotto il match politico-elettorale. Di fronte al caos fattuale della Casa delle libertà, incerta fra devolution e colbertismo, xenofobia e concessioni agli immigrati, liberismo dichiarato e proibizionismo hard, Prodi e il suo ambiente politico e accademico rappresentano ancora adesso un’alternativa secca. Il che vuol dire: c’è un patrimonio politico ancora tutto da sviluppare, da presentare in modo adeguato a quei settori del potere italiano che fanno del terzismo una pratica continuamente elusiva, e istintivamente conservatrice. E c’è una proposta da elaborare verso l’opinione pubblica, per segnalare che esiste una chance di modernizzare il paese rispettandone le inquietudini. Può darsi che ci sia anche il tempo per argomentare tutto ciò: di sicuro c’è anche il modo di sperperare nella praticuzza politica il vantaggio guadagnato nella realtà volatile dei sondaggi.

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