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Sostiene Luttazzi

06/12/2007

E allora parliamone. In una tesa intervista ad Andrea Scanzi, pubblicata sulla "Stampa", Daniele Luttazzi sostiene che il silenzio critico sul suo programma "Decameron" (il sabato su La 7, seconda serata) si deve a una specie di vasta macchinazione: «Dietro c’è un disegno preciso: l’oblio. Vogliono disinnescarmi». Non sia mai. Noi ci sottraiamo alla cospirazione antiluttazziana. Ancorché disinnescarlo, lo inneschiamo. Perché è vero che Luttazzi fa il 6 per cento di share a mezzanotte, che per una rete come La 7 è un exploit, ma questo non è un giudizio sulla qualità delle performance satiriche di Luttazzi. Che sono ottime, soprattutto per chi apprezza il suo stile tagliente, le sue affilate cattive maniere. Ma forse una personalità disincantata come quella di Luttazzi potrebbe condividere il punto di vista che proviamo a esporre qui di seguito. Bene, la satira politica in tv è una palla. Siamo tutti reduci da giorni e giorni di politica in televisione, con "Porta a Porta" e "Annozero" e "Ballarò" e "Matrix". Sentire a mezzanotte Luttazzi che rifà le bucce al centrodestra e al centrosinistra ha un suono risaputo. Non vogliamo più sentire battute rancorose sul conflitto d’interessi: vorremmo che il conflitto d’interessi fosse risolto, radicalmente, con una legge. Perché alla fine la satira politica porta inevitabilmente a parlare di Clemente Mastella, e se non si parla di Mastella si ha il costante timore che fra poco si parli di Mastella, emblematizzato come male assoluto: sai che barba. Luttazzi è stilizzato e malvagio. Ci piace quando è surreale, non quando imita Marco Travaglio. A ciascuno il suo mestiere.

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