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Tremate le zebre son tornate

23/08/2007

Saran belli i rossoneri, saran belli i nerazzù: ma le zebre, ma le zebre, quelle piacciono di più. E quindi si può anche cantare al popolo della serie A, ai tifosi, ai dirigenti, ai manager, ai maneggioni, ai presidenti, ai procuratori, agli allenatori: tremate, tremate, le zebre son tornate. Erano state condannate al rogo in quanto streghe, le zebre da arrostire, a causa del teorema per cui la cupola di Luciano Moggi aveva corrotto i campionati (e tutti gli altri, povere mammole, sante verginelle, avevano assistito allo scempio, reagendo soltanto con pie giaculatorie). Precipitati, come dicono le gazzette sportive, «nell’inferno della serie B», gli juventini tutti, dai giocatori ai tifosi, riemergono finalmente nell’empireo calcistico italiano, guidati dal presidente Cobolli Gigli, immacolato fin dal liliaceo cognome. Il primo effetto è che si sta già diffondendo una certa preoccupazione, fra tutte le squadre da scudetto e nel vasto campo degli anti- juventini. Perché mettiamo che la Juventus vinca due o tre partite di fila, al nuovo esordio in serie A, e allora si diffonderebbe il terrore, il "pavor nocturnus", lo scompiscio diurno, insomma la cachessia, perché come si spiegherebbe, eh cari, che la Juve signora dei campionati col buco vinca senza i complotti moggiani? Anche perché immaginiamo la scena: la Juve in cima alla classifica, con i giornali che titolano a caratteri pazzeschi, Moratti che trema, Mancini che sbianca (altro che le solite deliziose mêches), Galliani che sviene in tribuna, Berlusconi che ammutolisce in diretta. E noi, intendo noi corrotti, noi congiurati che li han visti a Pontida, noi telefonatori di arbitri, noi delle schede telefoniche svizzere, insomma, noi della Juve, in testa alla classifica, con l’elegantissimo Cobolli che direbbe «son soddisfazioni, dopo tanta merda», e l’allenatore, Claudio Ranieri, un vero anglosassone, un "mister" con la zazzera grigio metallizzato, di quelli che se potessero parlerebbero inglese anche in Italia, che alla domanda se pensate allo scudetto risponderebbe ogni volta con irriducibile aplomb: «Noi non facciamo programmi», e poi anche, «Noi giochiamo alla giornata», specificando «day by day, of course». Certo, perché il ritorno della Juve nella serie maggiore significa il ritorno alla normalità, alla prima Repubblica del calcio, ai tempi in cui si poteva dire: «Le partite durano novanta minuti» (specialmente quando l’arbitro in piena sudditanza psicologica concedeva alle zebre un rigore al novantunesimo). Occorre anche confessare, prima di cadere nella faziosità più trucida, che per ora le cose in realtà non vanno benissimo alle zebre, dato che il precampionato è risultato una ciofeca, anche se poi la Juve ha rifilato cinque pappine alla Roma. Soprattutto la difesa, a parte Buffon, fa acqua da tutte le parti ma soprattutto, dicono i critici più autorevoli, dalla parte di Zebina: ma si sa che le difese basta registrarle, e i buchi verranno colmati. Mentre c’è qualche inquietudine più seria per l’attacco. Perché sarà pur vero che ormai lo stile Juve è stato ripristinato, abbiamo messo in panchina Lapo Elkann, a centrocampo John detto Jaki, a sostegno Montezemolo e in prima linea Marchionne (farà il tifo per Marchionni?), ma l’attacco è un problema serio. Primo, perché Trezeguet ormai sembra uno di quei chirurghi che se non è arrivato il bonifico restano fermi in sala operatoria, mentre il paziente è già anestetizzato, con le mani alzate, immobili, in attesa della ricevuta, altrimenti non operano: e Trezeguet non la butta dentro, aspetta il contratto, il bonus, l’indennità di scalamobile. E come tutti i centravanti che hanno da ridire sull’ingaggio e la durata del contratto aveva fatto sapere che gli si erano azzerate le motivazioni. Gli saranno tornate, queste motivazioni? Situazione in fondo non troppo dissimile a quella di Alessandro Del Piero, il quale tiene famiglia ed è un genio nel fare scene madri con la dirigenza: ma come, un tale affronto a me, la proposta di un contratto risibile all’uomo della fedeltà assoluta, alla bandiera juventina, all’uomo zebra! Sicché alla fine i dirigenti bianconeri cedono sempre e gli allungano il contratto, che ormai scadrà quando Alex avrà raggiunto quota 96, non nella classifica dei gol ma nella somma età-più-anzianità, cioè quando sarà da pensione secondo l’ultima riforma previdenziale post scalone e potrà cedere il suo posto a suo figlio. Però il problemino tecnico-tattico è interessante, perché Del Piero ha l’età di Cristo, e la convinzione di poter arrivare ai mondiali del 2010. Chissà se Ranieri avrà la forza di Fabio Capello, che non guardava in faccia nessuno, e dunque mandava Del Piero in campo con il contaminuti, convinto che fosse un campione da usare a mezzo servizio. Che bei tempi, quando l’attaccante invecchiato veniva arretrato a centrocampo, reimpostato nel ritmo, condizionato al nuovo ruolo, e insomma si adeguava, cambiava numero sulla maglia e non rompeva le scatole. Ai tempi dei tempi, l’ha fatto Giampiero Boniperti, a Torino, l’ha fatto Alfredo Di Stefano a Madrid. Mica delle schiappe. Eppure Alex pretende ancora di giocare là davanti, togliendo spazio anche al neoacquisto Iaquinta proveniente dall’Udinese; ma soprattutto esercita quei ricattini sentimentali in cui è tecnicamente insuperabile: se la società non mi allunga il contratto fino al duemiladiciassette, o duemilaventitré, vuol dire che non crede in me… Ovvio che Del Piero sia un simbolo, ma per qualcuno è un simbolo peloso, che quando occorre la tecnica e la forza ricorre al sentimento, per poi fare certi suoi miracolosi o fortuiti gollettini che lo rendono imprescindibile, insostituibile, insindacabile, sicché anche Cobolli Gigli deve chinare il capo e reclinare il giglio. Comunque tremate, le zebre ritornano. E non vogliamo neppure pensare che la Juve possa vincere il torneo (anche se è esente da impegni internazionali, e quindi il suo campionato sarà meno oneroso). Ma dopo un’estate in cui ci hanno promesso Ronaldinho, e non è arrivato neppure Shevchenko, e in cui ragazzotti di medio calibro oppure adolescenti non giudicabili sono stati spacciati per assi stellari, bisognerebbe rendersi conto che il campionato italiano è un torneo di media tacca, rispetto agli inglesi e agli spagnoli. Più o meno al livello del campionato turco. E dunque può anche darsi che la Juve piuttosto precarizzata di questi tempi possa dire la sua, fra tanti turchi napoletani spacciati per turchi brasiliani. Nel qual caso, guarderemo le facce di chi voleva fare l’arrosto di zebra. E non ci prenderemo rivincite volgari. Diremo soltanto: bentornate zebre. Il vostro ritorno in serie A è il ritorno dell’optical. È il ritorno al passato e alla normalità, quando le casacche erano bianche, a righe nere. Ritorna l’ufficialità delle figurine Panini, per la gioia, fra gli altri, di Walter the Candidate. Già, ci starebbe bene una lista per il Pd: "Bianconeri per Veltroni", ottimo. Ma bene anche "Bianconeri per Walter". Oppure "Zebre per W" (anche se, diciamolo sottovoce, sembra più facile vincere le primarie che il campionato). n

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