gli articoli L'Espresso/

Troppo Boris

29/05/2008

La seconda serie di "Boris" (in onda il lunedì alle 23 su Fox, canale 110 di Sky) si qualifica per almeno due ragioni importanti: 1. La partecipazione di Corrado Guzzanti, che interpreta Mariano, attore psicologicamente instabile, dentro un cast di buon livello; e 2. Il fatto che si tratta per l’appunto di una seconda serie: se l’hanno realizzata, vuol dire che tanto male la prima non dev’essere andata. Ma a parte questo, e nonostante i dati d’ascolto che saranno di nicchia, "Boris" merita due annotazioni "sociologiche". Prima considerazione: il titolo non solleva nessuna emotività, quindi è sbagliato. Seconda: "Boris" è scritto, anzi, è ben scritto. Risulta molto autoreferenziale, dato che tutta la storia ruota intorno al set di una fiction intitolata "Gli occhi del cuore 2" (ottimo titolo, invece), fra attrici «cagne», stagisti maltrattati, divi frustrati, registi incattiviti, risultati di audience da raggiungere a tutti i costi, e sullo sfondo il "dottor Cane", dirigente televisivo che iperbolizza il dirigente televisivo anche nel lessico e nella cultura, confusissimi entrambi. Piace, "Boris"? Mah. Ha quasi tutto per piacere, ma è anche una commedia cattiva, che mostra la televisione per quello che è: un vituperio di cinismo, un groviglio di meschinità e di furbizie, un regno di scaltrezze perpetrate ai danni del telespettatore. Forse il realismo di "Boris" è il suo limite. Dovrebbe fare dell’intrattenimento, e invece sfiora l’allegoria sociale, mostrando che cosa non si fa per lo share. Insomma, un altro esempio di meta-televisione. Uno dei migliori, per la verità. Ma quando lo si vede, viene voglia di spegnerla, la tv.

Facebook Twitter Google Email Email