gli articoli L'Espresso/

Tutti i gol dalla A alla Z

01/09/2005

Comincia il campionato. Ecco una guida alfabetica, inattendibile ma attesissima: una serie di tiri mancini per orientarsi nei meandri del campionato più demenziale del mondo. ABBIATI Riassunto delle puntate precedenti: in precampionato il milanista Kakà svelle un braccio e scardina una spalla al nazionale juventino Gigi Buffon, sicché il generoso patron del Milan (vedi alla lettera B) concede in prestito la brava riserva di Dida che fra i rossoneri non gioca mai e si deprime. Quasi tutti dicono, ah che generoso, che sportivo il Cavalier B, che risarcisce la società avversaria. Gli irriducibili antiberlusconiani, cioè gli ultras di sinistra, comunisti, livornesi, guevaristi, eccetera, toghe rosse comprese, sogghignano e insinuano che il Milan si è liberato di uno stipendio. Ultrasinistri ancora più maligni si augurano che nel prossimo scontro al vertice in campionato Ibrahimovic o chi per lui stronchi una caviglia a Dida: dopodiché al Cavaliere gli diamo uno a scelta, magari Del Piero. BERLUSCONI Non è che il suo allenatore Ancelotti sia un estremista di sinistra come il povero Zaccheroni (vedi alla Z), e anzi ci sembra di ricordare che in famiglia oscillino verso Forza Italia, soprattutto la moglie (se non è vero, signora, ci perdoni: non volevamo offenderla). Ma il Cavaliere non gliene lascia passare una: e una volta lo critica perché gioca con una punta sola, «mentre il Milan deve giocare sempre con due punte», come faceva lui, il Grande Silvio, quando allenava l’Edilnord; e adesso lo pungola, lo critica, lo intimidisce, gli rompe i santissimi perché non valorizza appieno un grande organico: «Un sarto distratto a volte può rovinare anche la stoffa migliore». Il povero Ancelotti, che già a Torino ebbe le sue grane («Un maiale non può allenare», lo insultarono gli ultras juventini), raccoglie le confidenze dei senatori, quelli dello spogliatoio, non quelli di Pera, che gli consigliano amichevolmente di andarsene. Ma lui resiste. Consigli alla consorte: signora, ci metta una buona parola lei. COLLINA L’arbitro più bravo del mondo, uno che non penserebbe mai di trapiantarsi un ciuffo sulla pelata, si è fatto sponsorizzare dalla General Motors, che con il marchio Opel da 12 anni è lo sponsor del Milan. E poi dicono il conflitto di interessi: storie, gli interessi qui convergono sempre con precisione inesorabile. Come finirà nessuno lo sa, perché sembra chiaro che a Collina avevano dato il via libera ai piani alti della Federazione, tanto chissenefrega, due lire. Ma nessuno tocchi Collina, perché la situazione arbitrale è un pasticcio, e quella dei guardalinee è peggio: ogni volta annullano gol validi perché non sanno giudicare il fuorigioco. E poi, cari tutti, abbiamo sopportato Tremonti, ci stiamo abituando a Monti, volete che non tolleriamo Collina? DEL PIERO Ah che piacere, che gusto, che soddisfaziòn! È ricominciato il tormentone. La bandiera della Juve che fa la riserva, che si avvilisce in panchina. Il mascellone Capello che lo umilia, lo tratta come uno scartino. Lui, l’abilissimo Alex, non dice una parola, resiste muto anche alla concorrenza di Mutu. Si sa come andrà a finire: andrà in campo a spizzichi, ma poiché è fortunato e ha mestiere, infilerà qualche golletto, farà mezzo dribbling, un tiro a rientrare che colpirà il palo, un rigore piazzato con destrezza, e tutti diranno che è risorto. Appunto: se è risorto mandiamolo in cielo, nell’azzurrità, rifiliamolo al Cavaliere, che così imporrà ad Ancelotti di giocare con quattro o cinque punte. Ma ci sono i fondamentalisti, quelli che dicono che non si cedono le bandiere, i fanatici di Alex, coloro che hanno apprezzato anche la telenovela pubblicitaria dell’uccellino. E allora, consiglio a Moggi (vedi alla lettera L): fategli un contratto da dirigente, e la formazione fatela decidere a lui. ESTERO SU ESTERO Piccola domanda perfida a quelli che credono che il campionato italiano di serie A sia il più bello o il più difficile del mondo: ma com’è che tutti i giocatori italiani che vanno all’estero rimediano figure generalmente barbine (eccetto Zola, s’intende: ma Zola non è semplicemente italiano, Zola è sardo)? Attaccanti celebrati come Di Vaio o Corradi, centrocampisti come Fiore, promesse come Maccarone, vanno tutti via lanciando proclami, conquisterò l’Europa o roba simile, e scompaiono miseramente, oppure tornano con le pive nel sacco. Se la cavano i portieri, come Cudicini e Roma; ma per gli altri l’Europa è un purgatorio, e anche il ct della Nazionale Lippi se li dimentica subito, appena varcati i confini. Il fatto è che qui si è profeti solo in patria. FIGO Il calcio estivo è divertente perché è tutto "palabratico", come diceva Gianni Brera (dallo spagnolo "palabras", parole). Quindi nell’estate parolaia "ci sta", come invece dicono i telecronisti euforizzati alla Piccinini, che un’ala destra vecchiotta e dribblomane come il portoghese Figo venga presentata come un grande colpo di mercato dell’Inter. Storie: il pettinatissimo e mesciato Mancini consentirà a Figo qualche apparizione precaria e inutile, e al decimo dribbling fallito allargherà le braccia, si rivolgerà sconsolato alla tribuna e farà capire ciò che tutti avevano capito da soli: ovvero che la prerogativa migliore del vissutissimo Figo è la famiglia, moglie scandinava e top model (faccela vedè, faccela toccà, cantano già gli estremisti di pallone & sesso, quelli delle brigate "kamasultras"), nonché bambini da spot pubblicitario. Ma se questo è lo schema, se deve vincere il glamour, wow!, l’anno prossimo Moratti (vedi alla M) metterà sotto contratto Beckham e la Spice Victoria. GILARDINO Siamo tutti qui che facciamo gli scongiuri, perché il nuovo Paolo Rossi, il formidabile goleador giovane, l’attaccante che mancava alla Nazionale, quello che segna anche solo a prendere il pallone a sputi, è stato ingaggiato dal Milan "all star". E allora il rischio è il solito: che il giovane gioca sì e gioca no, gioca un po’, non ha mai occasione di far vedere le doti, e dopo un anno tutti dicono che non ha mantenuto le promesse. Gilardino non è Cassano (vedi alla lettera Q), anche se ultimamente deve avere ceduto anche lui al trend mesciato, perché un campione deve piacere innanzitutto alle parrucchiere: è affidabile e ha carattere. Ma se diventerà uno fra le decine di attaccanti rossoneri, nonostante gli imperativi berlusconiani sul gioco a due punte, si rischia di non dargli continuità: un centravanti deve poter segnare al primo minuto, ma anche all’ottantanovesimo. Se non lo si fa entrare, o lo si toglie a metà partita, salvate il soldato Gilardino. HOTEL QUARK In questo albergo milanese si accendono gli ultimi fuochi di campagna acquisti dal 29 al 31 agosto. Lontani i tempi del Gallia, allorché i "ricchi scemi" si scambiavano patacche a suon di milioni se non miliardi, e i meno fessi accendevano il mercato ed entusiasmavano gli ultras vendendo un cane da dieci miliardi per due gatti da cinque. Adesso tutti aspettano il botto, il colpo conclusivo, un’invenzione di Berlusconi e Galliani. Ma non dimentichiamo l’immortale motto di Schopenhauer, filosofo del pessimismo: «Solo gli stupidi aspettano da un momento all’altro la notizia decisiva» (noi siamo ancora peggio: aspettiamo il commento). Comunque, se vendono Del Piero, Cassano, o anche Miccoli, fateci un fischio, magari filosofico. IBRAHIMOVIC Sono passati i tempi in cui era il ragazzo terribile dell’Aiax, quello che entrò nello spogliatoio, guardò con insolenza i senatori (non quelli di Pera, dobbiamo ripeterlo?) e disse: «Salve, io Sono Zlatan. E voi chi cazzo siete?». Adesso ha maturato uno stile juventino, ha perfino sistemato l’acconciatura, non pare che si sia fatto fare tatuaggi, come fanno gli imbecilli (se li ha fatti, lo perdoniamo). Le uniche eccentricità le manifesta nel gioco, quando fa il giocoliere, "flips & tricks", giochetti, trucchetti, finte, irrisioni, il povero difensore interista Samuel ridotto con gli occhi in croce nella Supercoppa, tanto che non c’è da stupirsi che poi voglia sputare per terra e sputi invece nella schiena di Nedved. L’unico pericolo è che Del Piero (vedi alla D) gli faccia un vudù con bamboline e spilloni; oppure che un difensore si ricordi di quello che accadde tanti decenni fa al centravanti Stabile, che fu chiamato "el Filtrador", finché non gli spezzarono una gamba all’ingresso dell’area, così imparava a filtrare. LUCKY LUCIANO Come si sa è il soprannome che i malevoli hanno appioppato a Luciano Moggi, general manager della Juventus. Ora è vero che SuperMoggi di recente ha qualche traversia giudiziaria, ma noi che siamo garantisti sappiamo che nel nostro civile ordinamento giuridico nessuno è colpevole almeno finché non è arrivato al terzo grado di giudizio, al giudizio universale, o al trentesimo campionato rubato. Come ogni anno, Moggi ha costruito una Juve fortissima, che vincerà a mani basse il torneo. Se non lo vincerà, è colpa di Capello, che avrà sbagliato la tinta dei capelli, o di Del Piero, che avrà perso la carica agonistica in quanto, pieno di grazia francescana, e non avendo un tubo da fare in panchina, continuerà a parlare agli uccellini. Quanto ai rapporti al vertice, relazioni francescane anche con Berlusconi: "Abbiati Fede". Ovviamente, Lucky sottolinea Abbiati, Lui sottolinea Fede. MORATTI Le ultime stime del Fondo monetario internazionale sostengono che nella sua carriera di patron dell’Inter il presidentissimo Massimo ha speso una cifra superiore al Pil del Belgio e potrebbe lanciare un’opa sul Canton Ticino. Il ministro Siniscalco ha promesso vigilanza, la Banca d’Italia no. Intanto Moratti si è innamorato dell’ultima sfumatura frontale dei capelli di Mancini, un’autentica onda anomala. Si sostiene negli ambienti meglio informati che la rivalità acerrima fra l’ex trequartista Mancini e l’ex centrocampista Capello, che fa impallidire il conflitto Hunziker-Ramazzotti, dipenda soprattutto da una questione di acconciatura. Sconfitto inopinatamente dall’Inter nella Supercoppa, dopo che i bianconeri avevano sprecato sette palle gol, Capello ha minacciato di farsi tatuare sull’abbondante basletta il profilo di Ibrahimovic, oppure quello di Eros Ramazzotti. Escaléscion is escaléscion, caro Mancini, caro Moratti. NEDVED L’ex pallone d’oro ha perso la patina. Le sue corse sono meno veloci, i suoi tiri sono più telefonati, le sue cadute sono meno caprioleggianti, perfino la sua acconciatura è meno spettacolare. Ma cos’è questa crisi? Solo l’invecchiamento, quei 33 anni che sono l’età di Cristo e l’età di Figo, e risultano quasi sempre pesanti da portare, un’autentica croce? I maligni hanno altre interpretazioni, che lasciamo alla loro malignità. C’è da dire che alla Juventus attuale manca soltanto la rabbia e l’orgoglio del ceco. Se non riesce a recuperare la forma fisica, il mai fallace Moggi (vedi alla lettera L) ha pensato a una exit strategy che coinvolge come centrocampista il presidente del Senato Marcello Pera. Sempre che l’insigne popperiano non giudichi troppo meticcia la squadra bianconera (Gesummaria, tutti quei neroni, magari musulmani!). ODDO Non c’è nessuna ragione se non quella rigidamente alfabetica per classificare sotto la "o" l’esterno della Lazio. Soltanto il fatto che a ogni campagna acquisti Oddo viene dato in predicato di passare alla Juve, a questa squadra, a quella, e poi non passa o non predica mai. Si spera in qualche sorpresa negli ultimi giorni di mercato, all’Hotel Quark (vedi alla lettera H). Se neanche Quark funziona, prendetevela con Piero e Alberto Angela. Oddo è come il tifoso lazial-bolognese Gianfranco Fini, che parla, parla e non conclude mai. PIZARRO Per molti aspetti vale per il neo-acquisto dell’Inter ciò che si è detto per Gilardino (vedi alla G). Il centrocampista venuto dall’Udinese è stato descritto così da Spalletti, ora nuovo allenatore della Roma (vedi alla Q): "Pizarro gioca arretrato, ma ha una tecnica e un dribbling da trequartista. Se non lo marcano, lancia come un dio. Se lo marcano, comincia a dribblare e nasconde la palla per tutta la partita». Solo che anche il centrocampo dell’Inter è affollatissimo, e Pizarro sarà pure il migliore playmaker del mondo, ma se gioca Veron questo non si nota. Quindi salvate anche il soldato Pizarro. QUARTA FORZA Aperto il dibattito su quale sia. Boban sulla "Gazzetta dello Sport" sostiene che la quarta forza è la Roma, se risolve il problema Cassano, il ragazzo della Bari Vecchia che ha sterminato Prandelli, Voeller e Del Neri. Il nuovo allenatore Spalletti è sveglio, ha la testa lucida, ma Cassano può ridurre alla disperazione anche caratteri più forti di lui. Quindi tanto vale eleggere come quarta forza la Fiorentina: lo facciamo unicamente come atto di adorazione verso il presidente Diego Della Valle ("Lo scarparo", secondo Anna Falchi), a patto che non costringa i giocatori a scendere in campo con le suole a pallini, e valorizzi adeguatamente il centravanti Luca Toni, nuovo sex-symbol secondo uno "special committee" comprendente Alessia Merz, Simona Ventura, Emilio Fede e Gianfranco Fini (che nell’ultima votazione si è astenuto). RETROCESSIONI Dolorosissima quella del Bologna, come ha detto Romano Prodi in una conversazione privata con Pier Ferdinando Casini, anche perché Giuseppe Gazzoni Frascara ha messo in svendita la società rossoblù, con il risultato che la Bologna cofferatiana, prodiana, casiniana "e quant’altro", come dice l’autorevole professor Panebianco nei suoi editoriali anticentristi, annasperà in serie B. Drammatica quella del Genoa, appena promosso in A e immediatamente retrocesso in C, con contorno di sommosse popolari tipo "Boia chi molla" che hanno suscitato le giuste osservazioni critiche del professor Ilvo Diamanti, secondo cui il problema italiano è che «tutti vogliono viaggiare in prima» anche se non hanno fatto il biglietto. Si unisce alla tesi anche il professor Luciano Ligabue, università di Correggio. SHEVCHENKO Avrà pure conquistato il pallone d’oro, ma adesso ci sono problemi. La presenza di Gilardino (vedi alla G) lo obbliga a partire da lontano, sulla fascia. La presenza del tatuatissimo Bobo Vieri lo costringe a farsi un tatuaggio hawaiiano, per non essere da meno e non sfigurare (su questo argomento l’attaccante ucraino ha chiesto consigli al Cavaliere, in una visita privata a Villa Certosa; Berlusconi lo ha consigliato di rinunciare ai tatuaggi ed eventualmente di mesciarsi). Comunque si capisce fin d’ora che l’attacco del Milan è una specie di Cortina nell’ora dello struscio, dove tutti dicono: fatti più in là. TELEVISIONE Dopo la straordinaria performance liberista e di mercato con l’offerta di cento euro della Rai, e con il milanista e federalista (nel senso della Federazione) Galliani che si comprava e si vendeva da sé, bisognerebbe sapere se qualcuno è finito in galera. Nessuno? Vabbè, aspettiamo. Aspettiamo Paolo Bonolis alle prese con il campionato. Noi statalisti risponderemo con Pupo, che ha già ritoccato il colore del toupet (dicono i maliziosi). Oppure chiederemo al direttore generale della Rai, l’incompatibile Meocci, di tatuarsi il simbolo dell’Udc sulla spalla. Quale spalla? Quella di centro. UDINESE Non ha più Pizarro (vedi alla P), ma ha ancora Iaquinta. Spalletti diceva che in potenza Iaquinta è il più forte centravanti del mondo, ma purtroppo è emotivo, sente le partite, si nevrotizza e grande e grosso com’è perde la parola e il tiro in porta. Speriamo nella maturazione. Poi, se il nuovo allenatore Serse Cosmi riesce a motivare la squadra, l’Udinese sarà la quarta forza (vedi alla lettera Q), perché ha un attacco tecnicissimo, con Di Michele e Di Natale (manca solo Di Pietro, ma i valori per l’Italia sono altissimi): con grave dispetto di Roma e Fiorentina. VIERI Finito, almeno per ora, il tormentone Canalis, che valeva quasi quanto la guerra dei Roses fra la Hunz e Ramazz, Bobo è dimagrito e appare in grande forma, una ventina di chili in meno di quando era all’Inter. Solo che come si è detto e ridetto, l’attacco milanista è affollatissimo. Soluzione: consigliare a Berlusconi di imporre alla vittima Ancelotti un attacco a sette punte. ZACCHERONI Ottimo allenatore, di?soccupato, di sinistra, detestato da Berlusconi perché giocava con sei punte ma votava per Fausto Bertinotti. Come Zeman, che fa del bel gioco con qualunque squadra abbia per le mani, compreso l’anno scorso a Lecce, gioca con sei punte, un centrocampista d’attacco e tre difensori con spiccate attitudini offensive. Magari prende sei gol: ma in fondo, che importanza ha?

Facebook Twitter Google Email Email