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Uno per tutti.Tutti per Prodi

03/06/2004

Catania, domenica 23 maggio, un pomeriggio siciliano della campagna della lista Prodi. Allorché dal palco qualcuno cita il rettore dell’università etnea, Ferdinando Latteri, notabile di Forza Italia passato fulmineamente al centro-sinistra, i seguaci del boss accademico fanno scoppiare un delirio di acclamazioni, rullate di tamburi, trombe d’ordinanza e trombette ad aria compressa. Il giorno prima, alla Fiera di Milano, Romano Prodi aveva salutato con un benvenuto molto caloroso il ritorno a casa di Sergio D’Antoni, l’ex capo della Cisl che nel 2001 aveva creato il partito Democrazia europea con l’intenzione di scompaginare i poli, ed era finito tristemente a fare il sottufficiale della sussistenza nell’Udc e nella Casa delle libertà. Eppur si muove, il Triciclo. Con un sospiro di sollievo, si muove. Come accade in questi casi ci sono movimenti e movimenti. Movimenti nella società, nell’opinione pubblica e in diversi segmenti di classe politica. Ma quello che smuove la psicologia triciclista, la eccita, la dinamizza simmetricamente a quanto prima la deprimeva, è il movimento delle preferenze registrato nei sondaggi. Con il trend che prima era andato giù giù, scivolando intorno al 30 per cento. Mentre adesso sembra avviarsi la ripresa. Decimali di punto, indizi matematici, ombre percentuali. Ma, sempre a Milano, Massimo D’Alema, che sta conducendo una campagna furibonda, da leader che impegna tutta la carriera politica e le tecnicalità della raccolta del consenso (e che a "Porta a Porta" ha poi sostenuto che a Strasburgo serve la creazione di un nuovo raggruppamento democratico e progressista aperto ad altre forze non socialiste) si è sbilanciato e ha sparato il grosso calibro di un eventuale risultato di 36 a 19 rispetto a Forza Italia, annunciando nel caso sconquassi per il governo. Tipica operazione di autoconvincimento collettivo, profezia che si autoavvera, chiamata a raccolta degli indecisi. Tuttavia forse c’è qualcosa di più. Il "di più" è che pare finito lo psicodramma della lista unitaria. Esercizio mentale contiguo al masochismo che si era manifestato sottotraccia, con vari malesseri subito avvertiti dall’opinione pubblica, durante la lunga partita per la formazione delle liste. Il fatto è che l’attenzione di tutti, osservatori e opinione pubblica, professionisti politici e gente comune, risulta concentrata sulle elezioni europee. Dimenticando che il 12-13 giugno si vota anche per un turno amministrativo pesantissimo, che coinvolge 38 milioni di cittadini: e il negoziato per la formazione delle liste ha portato all’esasperazione delle identità e gelosie di partito. Ciò che il listone aveva determinato nelle élite politiche fin dal lancio del "manifesto" prodiano nel luglio scorso, cioè un riflesso di unità, ha lasciato spazio in periferia a un duello infinito sulle candidature. Sindaci, presidenti di provincia, consiglieri comunali, trattative bilanciate, negoziati defatiganti, diffidenze reciproche, nel caso migliore un manuale Cencelli della coalizione, nel peggiore una trattativa mortificante. Comunque un tormento quotidiano che ha proiettato all’esterno la percezione che il Triciclo avesse un deficit interno di compatibilità e di integrazione. Ovvero che fosse un’invenzione estemporanea, da sottoporre al giudizio degli elettori per verificarne a suon di numeri la praticabilità nel medio periodo, sottoposta alla tagliola del "poi vedremo". Se a questo si aggiunge il non proprio brillante risultato della prima uscita a Firenze, dove una défaillance organizzativa aveva esposto anche come colpo d’occhio le difficoltà del Triciclo, ce n’era abbastanza per cominciare a recitare le preghiere dei malati gravi. Nonostante gli esorcismi come quelli di Gad Lerner, secondo cui anche un risultato sul 30 per cento sarebbe funzionale al progetto ulivista di Prodi, cominciava a circolare un’aria di delusione preventiva. Che cosa è cambiato negli ultimi giorni? Poche cose, ma funzionali al progetto prodiano. La mozione sul ritiro dei militari italiani dall’Iraq ha ricompattato il centro-sinistra. Vale a questo proposito lo schema anticonformista esposto da Paolo Mieli e sottoscritto da Walter Veltroni durante la presentazione romana nei musei capitolini del libro di Giovanni Floris, "Una cosa di (centro)sinistra": se esponenti di esplicita ascendenza riformista e tutt’altro che antiamericani come Giuliano Amato e Enrico Letta votano la mozione, adeguandosi all’indirizzo politico adottato a maggioranza, questa è una novità "storica" per la democrazia italiana. In ogni caso un evento che modifica profondamente le abitudini politiche. "Right or wrong my party". Giusto o sbagliato, il mio partito. In secondo luogo, finalmente si è assistito all’ingresso in partita di "Romano". Si trattava di trovare un metodo che consentisse a Prodi di esercitare la sua problematica funzione di candidato-non-candidato. La formula consiste nella sua partecipazione a una serie di eventi pubblici, come quelli di Milano, Palermo e Catania. L’ideologo, o per meglio dire il campaign manager, di questa ripartenza "on the road" è di nuovo Giulio Santagata, l’organizzatore nella campagna del 1996 del giro d’Italia in pullman. Pragmatismo padano unito a un acuto senso delle opportunità mediatiche. Come carichi da 11, i segretari dei partiti, giocati con tempestività tattica, schierati a Milano per dare l’idea che il listone alle europee si gioca una scommessa senza riserve mentali. In modo da segnalare che la classe politica di vertice è unita, al di là degli scazzi infiniti emersi nel mercato delle liste per le amministrative. Dal canto suo, Prodi ha accettato di forzare. Indifferente agli attacchi anche strapaesani che gli sono stati rivolti da destra, agli esorcismi antropologici che gli dedica "il Foglio", ai de profundis del "Giornale" e più in generale della stampa filoberlusconiana, a Milano il leader dell’Ulivo ha ristabilito una strategia, sottolineando che la lista unitaria non è una gruccia provvisoria, bensì il telaio di un progetto di lungo periodo. «Il 14 giugno saremo ancora tutti insieme», a dispetto delle pulsioni "neo-prop", come le ha chiamate "il Riformista", che mirano a smobilitare lo schema bipolare e maggioritario a favore di una riproporzionalizzazione del sistema politico. La puntata, fortissima, è basata sull’idea che il listone consenta di razionalizzare il centro-sinistra, costituendo un pilastro capace di fare da traino e da guida politica a tutto lo schieramento. In realtà, le chance di successo, reale e simbolico, dipendono in misura consistente anche da fattori insondabili come la grande dispersività dell’offerta elettorale. Sondaggi civetta realizzati in gran segreto mostrerebbero che partiti inesistenti, con sigle del tutto inventate, sfiorano l’1 per cento se vengono sottoposti in modo brutale al giudizio di un campione indifferenziato. Tuttavia gli esponenti del Triciclo possono contare sul combinato disposto dell’election day, che fa interagire virtuosamente voto amministrativo e voto per le europee. C’è la sensazione, sottolineata da alcune rilevazioni demoscopiche, che la varietà dell’offerta elettorale possa volatilizzare una parte di elettorato generico della Casa delle libertà, disperdendone le preferenze. L’astensionismo dei delusi dalla politica economica del governo colpisce pesantemente Forza Italia. Inoltre, sul territorio il ceto politico del centro-destra dà spesso l’impressione di correre seri rischi di sfaldamento, con episodi oltre i limiti del folklore come gli scontri dentro Forza Italia a Bologna. Sotto questo aspetto, possono diventare contendibili i comuni di Padova e di Bari, come le province di Milano e Verona. Sotto le due torri bolognesi, la politicizzazione del confronto fra Giorgio Guazzaloca e Sergio Cofferati sembra ormai favorire nettamente un candidato politico come il Cinese. Sicilia, Veneto, Lombardia, Piemonte potrebbero fungere da indicatori di un cambio di tendenza politica significativo per l’intero territorio nazionale. I sondaggisti parlano di "effetto dell’unità ritrovata" e di "individuazione di leadership". Dentro la lista "Uniti nell’Ulivo", si sta formando la speranza impaziente che l’avvicinarsi della scadenza elettorale inietti il lubrificante del consenso nelle ruote del Triciclo. In modo che alla dispersione a sinistra subentri l’attrazione del voto utile.

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