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Vade retro estremismo

12/09/2002

Regola numero uno del girotondino, evitare qualsiasi slittamento estremista: assumere aspetto e psicologia del bravo esponente della società civile, indignato q.b., in modo da manifestare un disgusto istintivo, istituzionale, liberaldemocratico e quindi ovvio verso "questa destra". Consigliabile ricordare il disprezzo di Montanelli verso l’armata brancaleonide, e la tigna di Giovanni Sartori sul conflitto d’interessi; bene citare nostalgicamente antichi liberali da Benedetto Croce a Luigi Einaudi; superfluo invece, anche se utile dato il legame coniugale di Daria Colombo con Roberto Vecchioni, canticchiare "Luci a San Siro", che ispira commozioni meneghine anziché incazzature antigovernative. Di fronte agli sbreghi tipo Cirami fare la faccia sbalordita di uno che la penserebbe globalmente come Toni Negri però si accontenta di rimpiangere la vecchia professionalità democristiana, anche nella versione casiniana. Alle accuse di voler utilizzare la piazza per dare la spallata al governo, ribattere con Cofferati che in piazza i lavoratori ci sono sempre andati, con Paolo Flores d’Arcais che l’agorà non può essere sgombrata e che Platone avrà pure qualche tic, tuttavia il fido Pera ha riflessi pavloviani, quando il patron fa squillare la campanella. Benvenuta la conoscenza dell’opera di Nanni Moretti, ma è elegante ridacchiare citando i sarcasmi di Dino Risi, «fatti in là che voglio vedere il film», così ci si dimostra in palla sull’attualità. Nello zaino, mettere una foto di Roberto Benigni nonché la cassetta di "La vita è bella", e dichiarare un’attesa fremente per il prossimo Pinocchio. Quanto al bagaglio culturale, inseribili Eco, Vattimo e il Bobbio sputazzato maramaldescamente da Baget Bozzo, la storia d’Italia di Paul Ginzborg, i rosari cult di Franco Cordero; in rappresentanza del Grande Nord produttivo, benissimo il gran borghese Guido Rossi e l’avvocatissimo Franzo Grande Stevens. Mentre si ripassano le lezioni economiche di Paolo Sylos Labini e le lezioni giornalistiche del Colombo furioso, utilizzare con parsimonia Michele Santoro e le note di "Bella ciao" (troppo populista), ed evitare Maurizio Costanzo e l’eco di "Contessa" (troppo e basta). Da riallestire periodicamente il catalogo dei nemici: Oriana Fallaci, Giuliano Ferrara, Claudio Velardi e "Il riformista", il líder Massimo e le imprese in cui s’imbarca, D’Alema e i suoi libri mondadoriani "de paura". Prima del sonno, è concesso coltivare il dubbio supremo: e se i girotondi fossero gli spilli con cui il Cavaliere terrà su il suo sempre più infagottato Caraceni, appellandosi alla maggioranza silenziosa contro una sinistra «non ancora democratica»? Sciogliere il dilemma con la catilinaria "Contra Tremontes", secondo cui alla destra dei condoni non si può condonare niente.

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