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Versetti pazzi

27/03/2008

Il libro più pazzesco, divertente ma anche depressivo della stagione si intitola "Primo libro delle profezie", è diviso in una parte di "Versetti" e in un "Annale", ed è stato scritto da Giorgio Dell’Arti (l’editore è Marsilio, pp. 236, e 13). Per la verità non è neppure stato scritto: si tratta dei residui di una rubrica che Dell’Arti tiene ogni giorno sulla "Gazzetta dello Sport", fatta di cinque domande e di cinque risposte su un argomento specifico, trasferiti in una compilation numerata. I detriti di questa rubrica dellartiana compongono il mosaico fenomenologico e quindi incongruo del "Primo libro delle profezie", che si apre con una visione della Cina e dei cinesi «impazziti per le Olimpiadi» articolata in 54 punti (al punto 12: «Pechino, venti milioni di abitanti. Grande come il Belgio»; al punto 43: «Mao non tirava mai l’acqua»; al punto 48: «Il presidente Mao si pettinava di continuo, ma non si lavava mai i capelli»). Se si vuole il ritratto di un naufragio globale, punteggiato di relitti locali, il libro di Dell’Arti è l’optimum. È una declinazione radicale della sineddoche, figura retorica in cui la parte rappresenta il tutto. Se ne ricavano indicazioni sparse e apparentemente convincenti sui mutui subprime, sul costo del petrolio, sulla demenza del mondo contemporaneo, sui fallimenti del mercato, sull’inflazione, sul potere di Putin, sul fatto che: «A Baghdad non ci sono che una dozzina di cinema, dove si proiettano solo porno» (con tanti saluti alle grandi strategie internazionali e alla conquista «dei cuori e delle menti»). Da tenere sul comodino come memento e/o antidoto alla grande catastrofe che incombe, forse, su di noi.

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