La televisione di qualità non esiste. Semmai, esistono i programmi di qualità. Bisogna andare a cercarli, scovandoli dentro le reti generaliste, individuandoli nei canali tematici, con indagini degne di un "Blade Runner" mediatico. E poi dipende dalla personalità mutante dello spettatore: se siete il clone di una massaia berlusconiana, codificata dall’Auditel come possibilmente poco scolarizzata e auspicabilmente ultrasessantenne, con l’apparecchio acceso per l’eternità, l’intera programmazione della Rai a partire da "Unomattina" fa per voi. Se nel vostro codice robotico siete un’aspirante velina, i palinsesti Mediaset sono il vostro pane, Maria De Filippi è la vostra regina, e voi non dovreste avere più di diciott’anni (altrimenti il guasto è serio e bisogna chiamare l’esperto di androidi). Se non siete programmati da un potere superiore per essere una donna segregata o una valletta, e neanche un "tronista", l’affare si complica. Ormai i reality show, dal "Grande Fratello" in giù, hanno perso il glam; al massimo, è consentito qualche minuto con la Gialappa’s che si accanisce sui reclusi. Ci si può liberare del problema e concentrarsi sull’edizione serale di "Blob". Anche se ormai ghettizzata, in quanto sospetto di subliminale propaganda antipatizzante per la destra, la storica invenzione di Enrico Ghezzi e Marco Giusti è ancora insostituibile per vedere ciò che non si è visto. Essenziale, anzi entomologico, "Blob" consente un ripasso veloce di tutto o praticamente tutto, compreso il cabarettista Rocco Barbaro che fa uno dei numeri migliori visti negli ultimi mesi, una parodia del "Vecchio frac" di Modugno interpretata con accenni, mugolii, silenzi, omissioni, latrati, una prestazione comica con il tocco stralunato del genio (anche se in materia di cabaret quest’anno "Zelig" è andato all’ingiù, nel trend). Archiviato "Blob", c’è chi ama "Striscia"; gli altri seguono ipnoticamente Pupo lo spacchettatore urlante; ma nel post Bonolis l’unica tecnica praticabile consiste nell’esasperazione dello zapping. Postulato: la televisione non va vista su appuntamento, magari programmando il videoregistratore. Quella è una pratica da critici professionali. Ormai il mezzo ha rivelato se stesso: la tv è flusso continuo. Di fronte a quel fluire elettronico ininterrotto, tanto vale andare a casaccio, con il pollice automatico sul telecomando. Nelle reti generaliste si incoccia nella pubblicità, e quindi alla larga. I film si sono già stravisti, e addio. Se è tardi, obbligatoria una sosta su "Porta a Porta", ma si sa in partenza che Massimo D’Alema e Gianfranco Fini dopo cinque minuti hanno già impostato i termini, il resto sono derivate e subordinate, e quindi ci vuole una scanalata per vedere chi c’è a "Matrix". Aprire una discussione sul tema: meglio il Mentana calcistico della domenica, con il maglioncino azzurro che lo allarga un po’, o quello istituzionale della tarda serata? Aprirne un’altra: la domenica sera è meglio dedicarsi al maestro Tosatti o al Piccinini furioso che annuncia l’ennesima «puntatona!» di "Controcampo"? Nel dubbio, ricordarsi che il martedì a "Ballarò" va in onda il dibattito intelligente, ma conviene fermarsi soprattutto se c’è Pier Luigi Bersani, che è un divulgatore pop, anzi rock’n’roll, una specie di Ligabue dell’economia, o Giulio Tremonti, che attizza irresistibilmente l’antipatia del pubblico di sinistra. Le battute di Tremonti piacciono molto a destra, anche se lo schema è ripetitivo: anni fa, Visco al Tesoro come Dracula all’Avis; ora Fassino all’economia come l’aviaria agli allevatori (voto: 9 in cattiveria, 6 meno in humour). Da intelligente il dibattito diventa praticamente seminariale a "L’infedele", dove Gad Lerner fa davvero l’approfondimento, con tempi non televisivi (e quindi se per i nevrotici è un tormento per qualcun altro è un’oasi: noi diciamo oasi). D’altronde, La7 è ormai per acclamazione la televisione d’élite grazie alla triade Ferrara-Bignardi-Chiambretti. Certo che non si vive solo di talk show. E nemmeno del "Senso della vita" di Bonolis (nelle sere in cui il desio volge al trash si sente talvolta la mancanza del filosofo Gabriele La Porta). Come antidoto ci si può dedicare a qualche storicizzazione di Giovanni Minoli, ma via via che ci s’inoltra nella notte l’impegno si fa di piombo. Il pollice scivola su qualche scheggia di "Sex and the City", sperando di trovare la puntata in cui la tardona se la fa con il lottatore, oppure quello tremendamente superdotato (facendosi una canna per predisporsi al martirio). Un finale di "Csi Miami", così si capisce definitivamente che il mondo è cattivo. Cinque minuti di "Extreme Makeover", che è uno sguardo sulla provincia americana più profonda, tanto profonda da dare le vertigini. Un pizzico di David Letterman a Raisat Extra (in cui passano repliche utili per chi ha il complesso di colpa per non avere visto Panariello, o il finale del confronto Berlusconi-Rutelli). Poi tutti a letto, noi poveri androidi, a sognare, come disse il profeta Philip Dick, pecore elettriche: o anche schermi finalmente spenti, tanto domani si ricomincia.
16/03/2006