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Zaccaria il resistente

14/06/2001

La Casa delle libertà avverte un bisogno fisico di sloggiare il Cda della Rai, e appare indifferente al fatto che la nomina dei nuovi consiglieri potrebbe dare al monopolio televisivo berlusconiano un profilo grottesco. Primum, liberarsi di Zaccaria; sui problemi di compatibilità democratica si teorizzerà dopo. Per questo, non appena riunite le Camere sono partiti i primi ukase contro il Cda. Ma Zaccaria resiste. Il presidente della Rai non sta interpretando il ruolo di giapponese nella giungla, ignaro della sconfitta. È piuttosto il soldato che presidia la difesa dell’Ulivo. Fin tanto che rimane in trincea, l’assetto di governo della Rai rimane negoziabile. La minaccia di andarsene solo alla scadenza naturale nel 2002 è l’ultimo velo che consente al centro-sinistra di trattare una resa condizionata. Da destra infatti giungevano spifferi secondo cui all’Ulivo sarebbe stato concesso un solo consigliere, e che nessun tg sarebbe stato "octroyé" come in passato all’opposizione (al massimo se ne sarebbe "neutralizzato" uno). Quindi Zaccaria deve rendere il servizio finale alla sua parte politica. Anche se gli attacchi da destra si moltiplicheranno, la sua permanenza a dispetto di tutto dovrebbe consentire l’apertura di una diplomazia per limitare i danni. È vero che si susseguono le ipotesi per modificare una situazione che l’esito maggioritario ha reso insostenibile (vedi la proposta di Cossiga di affidare al Presidente della Repubblica la nomina del Cda). Ma al momento è solo la resistenza del Cid campeador Zaccaria, che combatte a cavallo da morto, a poter permettere un tavolo informale di trattative, e consentire al centro-sinistra di salvare il salvabile dopo un risultato elettorale che ha consegnato al vincitore Camera e Senato, cioè i due assi piglia-Rai.

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